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martedì 17 aprile 2018

Recensione Narrativa: METTITI COMODO... VENGO A UCCIDERTI! di Giuseppe Fina.



Autore: Giuseppe Fina.
Anno: 2017.
Genere:  Horror/Prison Story.
Editore: Book Sprint Edizioni.
Pagine: 176.
Prezzo: 16.90 euro.

Commento a cura di Matteo Mancini.
Romanzo che mi sono trovato a leggere su segnalazione di una collega di lavoro concittadina dell'autore. Siamo infatti alle prese con un libro di un aspirante scrittore della periferia pisana Giuseppe Fina, cabarettista-DJ, debutta così nel mondo dell'editoria con un romanzo che vuole essere sperimentale, proponendosi quale "primo horror cubo dimensionale al mondo". Al di là delle trovate di marketing, la soluzione scelta da Fina è una soluzione ibrida, a metà strada tra un romanzo classico e uno che si propone di trasformare il lettore, come in una sorta di librogame, in protagonista della vicenda. Niente a che vedere dunque con un soggetto sulla scia di Hardcore (2016) di Ilya Naishuller, piuttosto un tentativo di realizzare qualcosa di diverso dal tradizionale romanzo. L'obiettivo viene centrato solo parzialmente per mezzo di un horror che va oltre l'intento di spaventare o di scioccare il lettore avendo come fine ultimo la ricerca della risposta al quesito "perché Dio ha creato l'uomo".

Per introdurre il lettore al tema centrale del romanzo, l'autore propone un canovaccio prison story che funge da c.d "cavallo di Troia" per far calare il lettore nel vero tema dell'opera ovvero le trame infauste e ambigue ordite da Lucifero per condannare alla dannazione la creatura prediletta di Dio: l'uomo. Ritroviamo i temi biblici del libero arbitrio, dell'immortalità dell'anima e persino della parabola di Adamo e Eva con la cacciata dall'Eden. Tutto prende le mosse dagli omicidi di Josef Kerry, un energumeno dalla potenza di un Lou Ferrigno della situazione, a cui fa seguito la detenzione dello stesso in un carcere di massima sicurezza. Un personaggio dedito alla violenza, ma sempre per reazione a un'offesa o a quella che lui ritiene essere una provocazione. Fina struttura questa parte buttando un occhio ai film americani, dimostrando un'abilità innegabile nel costruire i dialoghi, con una costante ironia macabra retaggio, probabilmente, dei trascorsi da cabarettista. Alcune battute omaggiano chiaramente la cinematografia Leoniana ("quando si dice di ammazzare uno, lo si ammazza e basta, non si sta lì a fare la calzetta!") altre richiamano sequenze del film Sorvegliato Speciale (1989) con Stallone che interpreta un detenuto che, manco a farlo apposta, si chiama proprio Leone. Derivano sempre dal cinema i continui apprezzamenti pederasti dedicati dai vecchi carcerati ai nuovi detenuti, così come gli atti di nonnismo e i gruppi pilotati dai boss. Da questo punto di vista non si può non notare la caratterizzazione violenta delle guardie carcerarie e del direttore del carcere, un personaggio che scarica la propria frustrazione sui detenuti. Abbiamo però detto che tutto questo, che all'apparenza sembrerebbe centrale, in realtà è marginale. La storia che Fina propone altro non è che un inganno di Lucifero, un voler propinare la violenza (e ce ne è in abbondanza) per assuefare il lettore al male, quasi a volerlo alimentare per ammetterlo oltre il portale dell'inferno e farlo sentire in colpa. "E' dalla prima pagina che vi tengo d'occhio miei cari..." ammonisce Luficero "Il mio intento era di attirare quanta più curiosità verso queste pagine...  Il vasto consenso ottenuto non lascia ombra di dubbio, non è la lettura che a voi interessa, ma il nutrimento che i ricettori sensoriali assoborbono a ogni giro di pagina, masturbandovi di sadismo e di morte a ogni scritto, finendo per saziare il vostro spregevole ego."
Mettiti Comodo... Vengo a Ucciderti! diviene così, nella fantasia dell'autore, una sorta di via di demonizzazione del lettore, un esorcismo al contrario, se vogliamo, per far precipitare chi legge all'inferno, luogo in cui è ambientata l'ultima parte del romanzo. Negli ultimi capitoli capiamo che le vicessitudini di Josef Kerry altro non erano che un pretesto per intrappolare il lettore nel sortilegio diabolico orchestrato da Satana in persona. Il lettore si trova così invischiato nel torrido inferno, tra anime dannate e fiumi di lava. Fina è molto bravo a caratterizzare le scenografie (c'è un che di Clive Barker con l'apice costituito dalle pareti infernali che assumono i tratti dei cari defunti dei dannati), ma soprattutto a far parlare Lucifero con un sarcasmo e una cattiveria mascherata da un'ironia davvero ben calibrata. L'autore offre la sua chiave di lettura circa la malvagità dell'angelo ribelle, immaginandoselo come la creatura prediletta di Dio diventata gelosa dell'uomo e per questo ribellatasi al Signore. Il romanticismo dell'autore, pur nella crudezza degli omicidi e delle flagellazioni, alla fine emerge in una visione ottimista che sembra voler offrire la via della redenzione anche laddove il male sembrerebbe imperare poiché, come ha modo di dire, si deve sempre dare una seconda occasione ivi compreso a Lucifero e a un pluriomicida apatico.

Lo stile del romanzo è ampolloso, eppur curato e ricercato nei termini. Fina cerca sempre le metafore per descrivere i comportamenti dei personaggi, tende a volte al ridondante con avverbi e aggettivi, tuttavia dimostra un innegabile talento. Laddove è debordante con le descrizioni, è invece essenziale e asciutto nei dialoghi che presentano ben pochi difetti. La trama, pur se sperimentale, rischia di esser un po' spiazzante per chi legge, tanto che il romanzo cambia, nel suo corso, ben tre generi. Inizia che sembra un poliziesco con un tenente alla caccia di un misterioso serial killer, diviene quindi una drammatica prison story per terminare in un horror ascetico con interrogativi e ricostruzioni filosofico-religiose. Alla fine il volume appare sopra le aspettative e costituisce un discreto biglietto da visita per l'autore che, di certo, potrà dirsi soddisfatto di questo suo primo libro, soprattutto per padronanza linguistica e sviluppo dei dialoghi.

Per quanto riguarda la violenza possiamo dire che è presente, ma non è così insostenibile come dichiarato essendo scevra da componenti sessuali o relative a violenze su animali o ad altre soluzioni che potrebbero arrecare disturbo alla sensibilità di un lettore medio.

L'autore GIUSEPPE FINA.

"La mano del diavolo ha realizzato per ognuno di noi esattamente ciò che le nostre debolezze non potevano combattere, lasciando emergere tutti i desideri repressi, seppelliti volutamente dai pudori e dalle nostre paure."

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