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sabato 18 novembre 2017

Recensione Saggi I CAVALLI DI LEONARDO... E CARLO di Carlo Abete e Leonardo Pantuosco.



Autore: Carlo Abete e Leonardo Pantuosco.
Anno: 2017.
Genere: Sportivo - Ippica.
Editore: Carmignani Editrice.
Pagine: 184.
Prezzo: 13,00 euro.

A cura di Matteo Mancini.
Raro volume dedicato al mondo dell'ippica, acquistato la scorsa settimana insieme ad altri sette libri al Pisa Bookfestival. Tredici euro impreziosite dall'autografo di uno dei due autori, trovato per caso allo stand della Carmignani Editrice di Staffoli. "Neanche a farlo apposta, c'è qui l'autore..." il commento degli addetti allo stand nel momento in cui, senza neppur vedere la lunga serie di volumi esposti, rompo il ghiaccio al seguente proclama: "Prendo questo!". E così sul frontespizio della mia copia si legge, impresso con inchiostro a pennarello: "A Mattia, con amicizia" seguito dalla firma "Carlo" e dal disegno di un abetino. "A Mattia" dunque e non "A Matteo", un errore che evoca il mio quasi omonimo re di Piazza del Campo il cui nome veniva spesso confuso con quello di "Mattio" ovviamente Mancini, una curiosità che viene esaltata dal fatto che Carlo Abete (da non confondere con il più famoso Giancarlo, storico Presidente della FIGC), l'autore della dedica, è stato speaker per anni dell'impianto Pian delle Fornaci di Siena. "Come ti chiami?" ovviamente rispondo col mio nome ma specifico di non scrivere Mattia onde evitare di chiamare in causa un mostro sacro di certe piazze... detto fatto, con buona pace della Balivo... il refuso è presto vergato.
Un volume dunque che va a impreziosire il lato della mia biblioteca in cui trovano spazio i vari Varola, Gianoli, Castelli, il Laghat di Querci (cavallo tra l'altro allenato da Pantuosco, pur se non ricordato nel volume) e opere collettive dedicate alla Società Steeple Chase o ai 100 anni dell'ippodromo di Merano.

"Questo libro è nato dai ricordi lontani nel tempo, da scritti e lettere ormai abbandonate" è il leit motiv che sta alla base di un progetto introdotto dalla prefazione del "prezzemolone" Renzo Castelli e intitolato I Cavalli di Leonardo... E Carlo, con "Il Cavallo di Leonardo" a spiccare nella copertina in omaggio sia a Leonardo Pantuosco (il gentleman e poi allenatore che è il protagonista del volume) sia alla scultura che troneggia all'esterno dell'ippodromo di San Siro.
I due autori rendono così il loro tributo al loro passato, ma soprattutto a una lunga serie di personaggi, sia addetti ai lavori sia spettatori più o meno eccentrici, che hanno popolato le giornate degli amici dell'ippica. Ne esce fuori un libro un po' strano, con vaghe reminiscenze al Charles Bukowski che spiegava le strategie di scommessa per sbancare i totalizzatori o i picchetti. Un testo stampato nel marzo del 2017, ma già giunto alla sua seconda edizione, che cambia spesso registro, offrendo punti di vista diversi con una costruzione che non sempre è lineare ed evolutiva. Sintetico e scritto bene dal punto di vista stilistico, denota forse un'incertezza di fondo sulla piega da dare al progetto. Nasce forse come un volume biografico, legato alla genesi della passione comune ai due autori che poi raccontano in terza persona le proprie vicende personali. Da una parte Leonardo Pantuosco, un bambino romantico e sognatore che cresce in campagna nella Val di Cecina con l'amore per i cavalli da maneggio fino a tentare la via del gentleman e poi dell'allenatore; dall'altra un vivace ragazzino che ha perso da giovane il padre e che studia buttando un occhio dapprima alle partite del Livorno e poi sui programmi delle corse dei cavalli, costruendosi una discreta carriera da scommettitore prima e da giornalista di settore poi. In mezzo a questo canovaccio, forse troppo rischioso in termine di vendite, i due autori colgono l'occasione per fare una panoramica divulgativa del settore, sia sui personaggi centrali sia sui cavalli, non disdegnando a tratteggiare un generico abbozzo di profilo psicologico dei vari componenti del mondo dell'ippica. E' un libro tuttavia di emozioni (rese in modo sopraffino in alcuni punti in cui lo stile diviene addirittura struggente e melanconico), non ci si sofferma troppo, salvo alcuni casi, sul versante sportivo, ma c'è ampio spazio sulle vicende di vita con un bellissimo capitolo di un amore rimpianto per una donna, tale Ilaria, che ha acceso l'estate di un giovane Pantuosco, un sentimento trasformantosi presto in una triste metafora della vita. Vicende di vita comune che si intrecciano con gli aneddoti storico-sportivi, probabilmente i più interessanti per un lettore di settore, con dei capitoli in pillole in cui si offre uno sguardo sull'ippica italiana di un tempo, quella capace di affermarsi all'estero (i vari Grundy, Bolkonski, Wollow, Mannsfeld, Sirlad e Tony Bin) ma anche sugli allenatori e sui fantini che hanno reso magiche le serate al Caprilli di Livorno con una lunga prima parte che sembra far le veci di quel Bignami (il riferimento non va allo storico allenatore in ostacoli, bensì ai volumetti che andavano per la maggiore in ambiente liceale) dell'Ippica che mai nessuno ha avuto il coraggio di scrivere (e che noi abbiam più volte stimolato ma senza esito).

Le emozioni, abbiamo detto, anteposte alle statistiche e alle curiosità su quello piuttosto che sull'altro cavallo. Nel testo non si dice che Leonardo Pantuosco ha colto 130 vittorie da allenatore, oltre 38 ulteriori successi marcati dalla Scuderia Flery di sua proprietà prima del conseguimento del patentino (io ricordo anche un timido tentativo di approccio con le siepi col sauro Serleo). Per i due autori i freddi dati degli albi d'oro sono marginali, c'è comunque qualche aneddoto che ogni tanto spunta fuori sui vari Robereva, Gott Mit Uns o Fast Gate (cavallo capace di regalare svariate vittorie a Cagnes sur Mer e di confrontarsi addirittura a Lingfield, Inghilterra, con Frankie Dettori in sella), portacolori che hanno costituito la punta di diamante di circa venti anni di professione con due Coppe del Mare in bacheca, conseguite con un invidiabile doppio messo a segno da Robereva e Gran Gordito nel 1997 e nel 1998, ma anche una Listed a Milano (unica affermazione in pattern race del team Pantuosco) e l'Handicap Principale Galilei firmato sempre Robereva.

Un volume dunque non di facile presa commerciale che cerca di tastare i gusti dei lettori proponendo un materiale variegato che va dagli aneddoti personali gravitanti attorno alle scommesse (su cani, cavalli e casinò), passa poi sul versante sportivo e da questo alle vicende private (nonché sentimentali), senza mai dimenticare di rendere quel giusto e comprensivo tributo alle persone della giovinezza. Persone che, a loro modo, hanno condiviso passioni comuni ai due autori e hanno reso uniche giornate ormai evaporate negli anni; un mondo che forse, una persona sufficientemente sensibile, può illudersi al tocco di quel Rol (un tempo allievo di Pantuosco) di poter rivivere nell'abbandonato ippodromo del Caprilli come un magico revival dei tempi perduti liberatosi dall'oblio del tempo per una sola notte d'estate.

Ben vengano dunque libri del genere, si segnala anche Il Bimbo delle Sorgenti di Renzo Castelli uscito pochi mesi fa e relativo alla carriera di Ovidio Pessi (prima fantino e poi allenatore di successo), necessari per contribuire a sviluppare quella cultura ippica che, al di fuori dell'ambiente di riferimento, è pressoché nulla e influenzata da luoghi comuni tutt'altro che positivi. Attendiamo allora nuovi progetti da Abete o anche da Querci per portare ossigeno nel rarefatto mondo letterario dell'ippica italiana. A proposito degli alberi, ricordo che Alberelli era uno storico fantino bravo sulle siepi...specie quelle da gran premi.


"Chi vive il cavallo solo con il cuore spesso deve convivere con chi trova nel cavallo un mezzo per ostentare il suo stato economico; o chi, attraverso questi animali, vuole raggiungere fantastici, quanto improbabili, guadagni; o chi, ancora, investe i propri denari spinto da strategie economiche o per necessità di natura fiscale. Inevitabilmente, relazioni obbligate, quanto impossibili, fra generi così diversi di turfman danno origine a screzi e incomprensioni, proprio perché da una parte si decide il da farsi tenendo conto in primis della salute e dell'incolumità del purosangue, e dall'altra non esiste ragione diversa del servirsene in maniera sconsiderata e indegna."


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