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venerdì 2 giugno 2017

Recensione Narrativa IO SONO LEGGENDA, a cura di Richard Matheson.



Autore: Richard Matheson.
Titolo Originale: I Am Legend.
Anno: 1954.
Genere: Horror/Fantascienza.
Editore: Fanucci, 2005.
Pagine: 194
Prezzo: 8,00 euro.

A cura di Matteo Mancini.
Il cerchio è completo, pensò mentre il letargo definitivo gli strisciava nelle membra. Il cerchio è completo. Un nuovo terrore prende forma della morte, una nuova superstizione penetra la fortezza inattaccabile dell'infinito. Io sono leggenda“. Così un giovane debuttante chiude il suo primo romanzo, dopo essersi fatto conoscere al grande pubblico con un racconto sulla scia de The Outsider di H.P. Lovecraft.
California, 1954. Il ventottenne Richard Matheson, conosciuto per aver scioccato nel 1950 i lettori de The Magazine of Fantasy & Science Fiction con il racconto Born of Man and Woman, torna a cavalcare il canovaccio che lo aveva lanciato nell'Olimpo della letteratura per trasformarsi, lui stesso (come confermeranno decenni dopo i colleghi in un'antologia collettiva), in leggenda. Qual'è questo canovaccio foriero di tanti elogi e gradimenti? E' il tema della creatura unica, isolata, mostruosa per divergere dalla massa di riferimento che la circonda, costretta a vivere in un abisso di solitudine ignara del terrore che, involontariamente o meno, suscita negli altri. Matheson parte dagli autori classici, nel racconto del debutto prende le mosse da Lovecraft (il solitario per antonomasia), con il successivo I Am Legend rende il tutto più organico e omnicomprensivo, chiamando in causa, su tutti, un trittico di grandi maestri. Da Matthew Shiel e il suo La Nube Purpurea (1901) arriva l'idea dell'ultimo uomo sulla terra. Un superstite che è riuscito a sottrarsi dall'olocausto che ha cancellato l'intera umanità, un tema ripreso successivamente dal meno pessimista La Nube Avvelenata (1913) di Conan Doyle, e che Matheson va a "montare“, con abilità da cineasta, su un canovaccio che si innesca sul coacervo delle superstizioni liberate da Bram Stoker e dalla sua mitica figura del vampiro, così come sdoganata da Dracula (1897) in poi. Tre autori Golden Dawn che vengono così ripresi da Matheson, assimilati, rimodulati e infine modificati in vista di un qualcosa di nuovo e di personale. L'autore prende la leggenda, se vogliamo l'ignoranza (quella costituita dai paletti di legno, dall'aglio, dall'acqua corrente, dagli specchi e dalle croci), e la converte, punto su punto, con l'ausilio della lente dello studio, in una conoscenza che non è più occulta/esoterica ma (fanta)scientifica, con un passaggio che trasla un sapere di ordine superiore (quello occulto) in uno di ordine inferiore (lo scientifico) e lo rende così merceficazione per le grandi masse e la libera comprensione (contrapposta all'iniziatica). Ciò che fino ad allora era considerato demoniaco qua diviene giustificato dalla scienza, spiegato e dunque trattato come realtà terrestre e non come un prodotto frutto dell'interferenza di forze ultradimensionali. I vampiri non sono creature delle tenebre, ma creature malate, mosse da bacilli che ne influenzano i comportamenti e li spingono alla caccia. Matheson, del resto, dimostrerà nel corso della sua vita di essere un grande sceneggiatore e già qui mette in mostra una spiccata attitudine all'immagine essenziale, piuttosto che alla poetica descrittiva, e alla caratterizzazione dei personaggi. Oltre alla tematica viene così trasformato anche il linguaggio che passa da ricercato e arcaico a immediato e diretto. Decadono gli ermetisimi, il lettore diviene un terminale passivo (e non più un interprete bisognoso di chiavi di lettura) a cui viene chiesta solo l'attenzione per i fatti narrati. 



È il new horror quello che sta nascendo con Matheson e con le nuove generazioni, capeggiate da Ray Bradbury, Fritz Leiber e Robert Bloch, che hanno raccolto l'eredità dei grandi di fine ottocento e primi novecento, trasportando l'orrore in una dimensione realistica, ovvero nella vita di tutti i giorni e con i personaggi di tutti i giorni. Io Sono Leggenda è dunque un romanzo che sfugge al trascendente. Al riguardo è divertente, nonché ripresa da altri autori successivi, la parte in cui Neville, il protagonista della storia, disserta sul fatto che il terrore che i vampiri nutrono per la croce è meramente psicologico (un po' come si dice in campo esorcistico per giustificare certe reazioni dei presunti indemoniati), una reminescenza condizionata da un certo credo piuttosto che un diretto effetto provocato da un'incidenza divina. Possiamo così parlare di un Matheson che addirittura rigetta il trascendente, il divino, in una visione materialistica quanto meno agnostica se non atea, completamente puntata sul sociale e sul psicologico, prodotto di una prospettiva pirandelliana. La realtà diviene soggettiva e relativa (“la normalità è un concetto legato alla maggioranza, rappresenta una qualità comune di molti uomini, non di uno solo... Sono io quello anormale“), si spazza via l'oggettività, niente è scontato e si propone un nuovo che altro non è che la sintesi uscita fuori da una diabolica disputa kantiana. Io Sono Leggenda segna l'evoluzione/involuzione del genere, così come avviene per la nuova società che Matheson traccia verso l'epilogo del romanzo. "E' questa la nuova società" si chiede Nevlle, quella che alla fine sopravviverà all'orrore. L'autore la plasma quale prodotto di un ragionamento filosofico mettendo in campo il prima (tesi-l'uomo), il durante (antitesi-il vampiro) e il dopo (sintesi-il mutante), in una logica che richiama alla mente il darwinismo con accezione però negativa e di indubbia presa melanconica. Robert Neville incarna l'ultimo uomo sulla terra, uno scherzo del destino che, per un motivo poi non tanto chiaro, è risultato immune al bacillo che ha condotto l'umanità (animali compresi) sul baratro dell'estinzione. Matheson lavora alla grande sulla caratterizzazione del personaggio, nulla da dire sul punto. Lo presenta come debole, votato all'alcool, pieno di rimpianti, di ricordi, ma spinto dall'istinto della sopravvivenza alla lotta, allo studio, all'impulso di conoscere e di manlevarsi dalla monotonia che ha schiacciato il mondo, nella speranza di un miracolo o di un cambiamento. Condanna questa più tremenda della morte, la costrizione di vivere per tre anni, da solo, in un isolamento che stride con la libertà più assoluta di poter scorazzare in una città fantasma dove tutto è rimasto come il giorno precedente allo scoccare della pazzia. Il giorno come la libertà di potersi esprimere all'aperto, di respirare sotto la luce del sole, di cercare cibo e di combattere il virus che appesta ogni angolo della terra (andando a scovare i vampiri dormienti per infilzarli con i paletti); la notte come la condanna di nascondersi sotto l'assedio dei vampiri che hanno qua una caratterizzazione simile ai successivi zombie lanciati da George A. Romero, con La Notte dei Morti Viventi (1968), piuttosto che alla classica figura del vampiro, e che parlano e si esprimono conservando una minima attività cerebrale. “Vieni fuori Neville!“ continua a ripetere, ogni notte, l'ex collega del protagonista lanciando sassi in direzione della sua abitazione, in compagnia di altri vampiri/zombie, con le donne che si esibiscono in gesti atti a suscitare la libido maschile per portare la loro preda all'aperto. L'uomo e la sua negazione, il vampiro-morto vivente, in un perfetto ying e yang, il bianco (il sole) e nero (la luna), dove l'unica fonte di disiquilibrio è costituita dal numero, uno scontro però che porta a un'evoluzione-involuzione da cui emerge una nuova società, quella dei mutanti. Uomini, questi ultimi, che da infetti han trovato la via per bloccare la loro malattia e sopravvivere così all'olocausto e scagliarsi contro le altre due categorie in lotta. Una sintesi kantiana a tutti gli effetti, un punto di arrivo che non ammette le diversità e che rompe l'equilibrio per potersi muovere liberamente, sia di giorno che di notte, sterminando tutto il resto, senza remore e senza tentennamenti. “Non possiamo permettere ai morti di esistere al fianco dei vivi. I loro cervelli sono guasti, restano animati solo per uno scopo. Bisogna annientarli“ spiega una dei mutanti al protagonista che, in quanto diverso dalla massa più forte, non può che andare incontro alla stessa sorte di quella più debole proprio perché diverso, obsoleto e dunque superato. "Io Sono Leggenda" così saluta il mondo Neville a testimonianza del completo ribaltamento della situazione. Non sono più i vampiri a essere creature leggendarie, ma l'uomo inteso nella sua vecchia accezione. In sostanza Matheson prosegue la lunga evoluzione che dall'astralopithecus era giunta fino all'homo sapiens sapiens, aggiungendo una nuova categoria. Una deriva pertanto distopica, all'insegna di un'identità sociale votata al totalitarismo, in cui le diversità sono da eliminare e non da integrare. Non c'è alcuna possibilità di dialogo, di compromesso. Vince la legge del più forte. Tematiche queste che ispireranno, come abbiamo accennato, il grande maestro del cinema George A. Romero, ma anche Stephen King, penso al suo Pet Cemetery (vediamo come Neville sotterri la moglie deceduta per rivedersela poi tornare a casa, mutata però in un qualcosa di aggressivo), e molti altri, facendo del testo un'opera che deve essere sicuramente recuperata e letta per la sua grande importanza storica per le sorti del genere.

Un libro fresco, moderno, dal buon ritmo e con interessanti punti di azione e di riflessione (sociale), ideale per tutti, compresi coloro che sono alla ricerca di una lettura veloce ma di contenuto. Ispirerà quattro film: L'Ultimo Uomo sulla Terra (1964), 1975 Occhi Bianchi sulla Terra (1971), Io Sono Leggenda (2007) e I am Omega (2007).

L'omaggio reso dai colleghi di Matheson,
padre riconosciuto del New Horror.

"Il mondo è impazzito. I morti vanno a spasso e io me ne preoccupo. Il ritorno dei cadaveri è diventato una banalità. E' notevole la velocità con cui ci si adegua all'incredibile: basta vederne a sufficienza!"

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