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domenica 12 marzo 2017

Recensioni Saggi: TOMBOLO di Aldo Santini.



Autore: Aldo Santini.
Anno: 1990.
Genere: Saggio Storico.
Editore: Rizzoli.
Pagine: 234.
Prezzo: 30.000 lire (pagato 3 euro al mercatino dell'usato).

Commento a cura di Matteo Mancini.
Saggio storico scritto dall'ex giornalista del Tirreno e del settimanale l'Europeo Aldo Santini, conosciuto anche per i volumi sportivi Nuvolari (1983), Carnera (1984) e Un Cavallo e il suo Tempo: Ribot (1985), oltre che per numerosi altri di genere diverso ivi compreso quello gastronomico. In questa nuova avventura, Aldo Santini utilizza i fatti gravitanti attorno all'impenetrabile area boscosa di Tombolo, località tra Pisa e Livorno, divenuta sede di traffici di contrabbando e prostituzione tra soldati americani disertori e banditi italiani, per tracciare un quadro piuttosto completo della situazione storica, sociale e politica dell'immediato dopo guerra sul litorale compreso tra Viareggio e Livorno. Lo stile è leggero, corredato da innumerevoli interviste che vengono proposte in modo quasi discorsivo così da dar vita a una via di mezzo tra un saggio e un libro interviste, più orientato però sul primo versante, e offrono uno squarcio su uno dei periodi centrali del novecento italiano, focalizzandolo in una data area geografica senza però ignorare l'insieme più vasto.
L'autore, livornese verace classe 1922, vincitore del Premio Campiello, si è spento a Livorno nel 2011, all'età di ottantanove anni dopo aver ricevuto numerosi premi e scritto molteplici volumi (si parla di settanta opere). L'opera qui oggetto di esame, siamo certi di poter dire, è stata probabilmente una delle sue preferiti, in quanto legata alle prime esperienze da giornalista presso il quotidiano Il Tirreno, appena sorto dalle ceneri de Il Telegrafo di Costanzo Ciano proprio negli anni raccontati dal saggio (immediato dopo guerra). I fatti prendon le mosse dalla liberazione di Livorno dalle truppe nazi-fasciste e dall'arrivo in massa, al seguito dei soldati americani, delle "segnorine", ovvero delle prostitute italiane (quasi tutte bionde, perché così eran richieste) salite dal meridione lungo l'intera ascesa dell'esercito americano per vivere da nababbe con i dollari scambiati in cambio di sesso offerto, per lo più, ai soldati di colore e ai prigionieri tedeschi (impiegati al servizio degli americani). Una situazione che diverrà presto indigesta al popolo livornese, ridotto alla fame e spesso e volentieri costretto a non aver un lavoro su cui contare.

Il volume viene portato avanti avendo come trait d'union di tutti i capitoli i fatti connessi alla.c.d. "rivolta dei giusti", ovvero la notte brava del 3 agosto 1947 in cui svariati cittadini livornesi insorsero contro le "segnorine" responsabili di infangare il decoro urbano ("Questa città è diventata un grande casino" non a caso negli Stati Uniti assunse presto la fama di "città del peccato"). Così Santini centellina i fatti e le conseguenze di quella nottata fino a raccontare nei dettagli le deposizioni del processo tenutosi a Firenze, per ovvie ragioni legate al malcontento popolare, e della sua parziale ripetizione in quel di Perugia, per l'eccezione sorta solo in secondo grado relativa a un vizio legato ai titoli necessari per stare in giudizio di un avvocato degli imputati. Il tema principale del volume è questo, ma così come un nastro che si riavvolge, per ogni capitolo proposto, Santini parte sempre da quei fatti per poi dilungarsi, tra un'intervista e l'altra o tra un aneddoto e un ricordo personale di vita vissuta, e aggiungere qualcosa di nuovo e di più dettagliato rispetto a quanto già detto sia dell'ambiente che delle premesse che portarono a quella nottata di percosse, stupri, violenze e segnorine denudate e costrette a vagare per strada come mamma le aveva fatte. Così ci parla del giorno (7 luglio 1945) in cui Frank Sinatra giunse a Livorno per cantare davanti a un pubblico costituito dai soldati americani, oppure delle avventure in quel di Tombolo del regista Federico Fellini al seguito del regista Lattuada nei preparativi finalizzati a girare il film Senza Pietà o ancora ci offre un profilo del poeta Ezra Pound, rinchiuso nel vicino campo di concentramento di Coltano insieme ad altri prigionieri, più o meno, legati al caduto regime fascista, intento a scrivere, tra un'offesa e l'altra, i Canti Pisani.

Un modo di raccontare che porta Santini a ritornare più volte sugli stessi temi, così da allungare il narrato, ma che gli permette anche di fissare al meglio i temi centrali che tenevano banco quegli anni: prostituzione, contrabbando, rapine ai magazzini militari americani (spesso e volentieri concordati con le sentinelle e gli ufficiali), omicidi irrisolti, disperazione, disoccupazione, desolazione urbana, speculazione finanziaria e smitragliamenti continui al ritmo del boogie woogie suonato in delle specie di baracche in cui soldati di colore (per lo più della Divisione Buffalo, una squadra kamikaze formata da colored ed elementi di razza bianca espulsi per indisciplina da altri reparti) si scioglievano tra le braccia di provocanti damigelle in cerca dell'amore della vita per scappare dall'Italia e dalla fame. Un cocktail di illecità e trasgressione che aveva un suo centro e un suo nome: Tombolo. La pineta off limits, continuo scenario di rastrellamenti da cui scaturivano arresti a danno di disertori, vagabondi e delinquenti e che quasi sempre portavano all'espulsione, con tanto di foglio di via, di signorine indesiderate dall'autorità e spesso e volentieri affette da malattie veneree. Uno spicchio verde di foresta dalle sembianze di una macchia di dantesca memoria, dunque, in cui rifugiarsi per sfuggire alla legge e in cui pianificare altre azioni criminali. Un vero e proprio tempio per gli americani di colore che avevano deciso di sfuggire alla disciplina militare e che erano costretti a darsi alla macchia perché rei di un qualche grave misfatto. E con loro, a tener compagnia, proprio loro: le segnorine, delle donne bianche che pregavano per andare con i neri (una situazione, per questi ultimi, neppure immaginabile negli Stati Uniti dove i neri eran considerati alla stregua di animali). E' l'attore Kitzmiller a spiegare il profilo di questi uomini e le motivazioni che li spingevano a schierarsi contro l'ordine costituito: "I negri di Tombolo non credono che la fine vittoriosa della guerra porterà all'abbattimento delle discriminazioni razziali, e piuttosto che essere dei paria in America preferiscono giocare la folle carta della diserzione."

Santini racconta quegli anni, ci rivela cosa successe a Livorno quando giunse la notizia dell'attentato a Togliatti, di come si formarono i movimenti portuali anti-americani e di come il Comando americano osteggiasse i nuovi comunisti pretentendo di tagliarli fuori da ogni collaborazione lavorativa. Bello anche il ricordo della Livorno semidistrutta, con il luna park luogo di scambio di operazioni più o meno illecite e di scazzottate tra italiani, tedeschi e americani con tanto di tabelloni scritti nelle tre lingue di riferimento. Questo in estremissima sintesi il contenuto di un volume che ha il merito di riportare la memoria di chi ha vissuto certe epoche a quelle situazioni che oggi paiono lontane anni luce dalla società attuale, ma anche, e soprattutto, di tenere vivo un ricordo che, altrimenti, evaporerebbe sempre più a ogni passaggio generazionale. Bravo Santini, anche se non deve esser certo questo blog a sottolinearlo e che peraltro arriva ormai tardi in questo essendo già passati circa sei anni dalla scomparsa dell'autore. Da recuperare soprattutto per gli abitanti della zona, citato nella bibliografia del volume Spiaggia a Mano Armata di Umerto Lenzi in cui, proprio Aldo Santini, compare come personaggio aggiunto (siamo certi che avrebbe gradito, addirittura letto da Quentin Tarantino).

L'autore ALDO SANTINI.

"Tempo di miseria, voglia di ricchezza, un paradiso di violenza: e Tombolo divenne l'inferno del dopoguerra italiano."

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