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sabato 21 novembre 2015

Recensione Saggi: 100 Anni da Ricordare, Soc. degli Steeple-Chases, AA.VV.



Autori: Renzo Castelli, Mario Fossati, Luigi Gianoli, Piero Mei e Marco Vizzardelli.
Sottotitolo: Società degli Steeple-Chases d'Italia, 1892-1992.
Genere: Sport-Ippica.
Anno: 1992.
Editore: Fabbri Editori.
Pagine: 160.
Prezzo: 15 euro (prezzo medio tra le varie offerte).

Commento di Matteo Mancini.
Volume fuori catalogo, ma rintracciabile su e-bay o presso librerie specializzate nella vendita di libri usati, pubblicato in occasione del centenario della Società degli Steeple-Chases d'Italia, un'organizzazione deputata a organizzare corse di cavalli in ostacoli o riservate alla categoria gentlemen ed amazzoni sia in piano che in ostacoli.
Si tratta quindi di uno dei rarissimi volumi italiani dedicati al mondo dell'ippica, l'unico, tra quelli da me conosciuti, incentrato sull'ostacolismo. In Italia infatti, per motivi oscuri, la realizzazione di questo tipo di volumi viene, di fatto, osteggiata dagli stessi potenziali soggetti interessati. Basti pensare che sul tema "corse dei cavalli" sono stati pubblicati circa una decina di volumi, la metà dei quali dedicati alla Razza Dormello Olgiata o scritti dal creatore della stessa: "il Mago" Federico Tesio. Non parliamo poi di ostacoli poiché, se andate a cercare al di fuori dell'ambito dei volumi dedicati all'equitazione, non troverete nulla. Un'apatia e un disinteresse che di certo non fa bene all'ambiente, interessato, evidentemente, ad aspetti ben distinti dalla cultura di settore o alla celebrazione dei cavalli, ma ai premi, al volume delle scommesse e alla fredda esecuzione di un lavoro fatto sì di sacrifici ma, per motivi incomprensibili, da lasciare confinato in una cricca di addetti ai lavori o di consumati frequentatori di ippodromi, un modo come un altro per catalogare come settario o quanto meno corporativo il settore. Per rendere ancora più evidente quanto affermato basti pensare che un volume come Il Mito di Tesio, di gran lunga il migliore tra tutti i volumi pubblicati in materia ippica in Italia, è stato pubblicato dapprima in Inghilterra e solo dopo venti anni in Italia, alla morte del suo autore, Franco Varola, per merito della piccola casa editrice Equitare. Bravi loro a proporre ai lettori italiani un testo del genere, una vergogna per tutti gli altri, dato che ricordo la pubblicità a questo volume esplicitata su riviste di settore risalenti proprio al 1984.

Veniamo al testo in questone che, in un panorama del genere, si erge quale volume imperdibile, orientativo e un vero e proprio miraggio dalla consistenza di un'oasi in pieno deserto. In prefazione non si capisce bene, ma la sensazione che ho avuto è che la Soc. Steeple-Chases di Italia abbia individuato cinque giornalisti autorevoli impegnati nel mondo dell'ippica e abbia delegato loro il compito di tracciare un personale ricordo, o comunque un lavoro di ricerca, sui 100 anni della società e sui protagonisti che hanno animato corse e hanno contribuito al miglioramento del settore. Così spiega l'editore, la prestigiosa Fabbri Editori: "La Società degli Steeple Chases di Italia compie 100 anni. La sua storia rappresenta un capitolo importante dello sport italiano. Con questo libro, abbiamo voluto ripercorrerne le tappe, riproponendo a quanti conoscono e amano i cavalli, e in particolare il mondo delle corse, una raccolta di testimonianze, di cronache, di immagini tratte dagli archivi storici e dalle collezioni degli appassionati, belle e avvincenti anche per chi di questo mondo è solo spettatore. I testi, firmati da personaggi del giornalismo che questo sport amano e seguono da tempo e da vicino, sono liberi e personali contributi: ricordi, riflessioni, interpretazioni che ci fanno rivivere, inquadrandola da diverse angolazioni, la grande, entusiasmante storia dell'ostacolismo e del galoppo amatoriale in Italia."

Dunque un volume che ha il valore di una vera e propria manna, ma che non è stato massimizzato a dovere. L'imprinting richiesto dall'editore, ovvero quello del "libero e personale contributo", determina, spesso, nel corso della lettura una sovrapposizione tra i temi toccati dai vari autori, così da creare un testo a tratti ripetitivo con buona pace delle pagine limitate che scorrono via e che sarebbero potute esser utilizzate per dire altro. Mi rendo conto che, dato il panorama pressoché nullo in cui si inserisce quest'opera, è un voler cercare il pelo nell'uovo, ma credo che sia giusto registrare le sincere impressioni di un lettore come il sottoscritto.

Al pisano Renzo Castelli, uno dei pochi in Italia a scrivere volumi sul mondo dell'ippica (quasi tutti recensiti dal sottoscritto su questo blog, a partire dal gioiellino, ormai un po' superato dagli anni, Le Cento Corse dedicato al Premio Pisa, ma anche alla città ed edito dalla Tacchi Editore), e dunque da elogiare a prescindere, spetta il compito di dare il via a questa galoppata, tra fence e muri, che si snoda fino ad attraversare fiumi di impianti morti, come il Mirabello, in un'ipotetico cross multidisciplinare come quello che si vedeva (io non ne ho memoria, ahimè) decenni fa a San Rossore, quando i cavalli andavano a sfiorare il fiume morto per solcare la soffice erba dell'anti-ippodromo, dall'altra parte delle tribune. Uno spettacolo unico, si dice, un'emozione pura!
Renzo Castelli, passione da storico, ricostruisce la nascita o meglio "le radici" dell'ostacolismo, parla di caccia alla volpe, di scuole militari d'equitazione, ma prima ancora di Nerone e poi delle primordiali point to point disputate in Inghilterra nell'anno mille, in un campo chiamato Smithfields per la precisione, al fine da spingere gli osservatori ad acquistare i cavalli più apprezzati a colpi d'asta. E da qui a risalire, fino all'arrivo negli ippodromi, alla prima edizone del Grand National di Aintree e poi in Italia, con la prima prova assoluto in in ostacoli disputata nel 1739, addirittura in una piazza di Livorno. E ancora in avanti, un po' nella disorganizzazione di un settore in ascesa ma poco regolamentato, con corse occasionali in giro per l'Italia, fino alla creazione del Jockey Club e da questo alla fuoriuscita della Società degli Steeple Chases.

Si supera il fiume, ma non il Lambro, dato che si
tratta di un dipinto inglese
(Da Etsy.com)

Si dedica invece all'aspetto burocratico/amministrativo Luigi Gianoli (scomparso qualche anno dopo l'usicta del volume, autore di molti volumi tra i quali Il Purosangue, Longanesi, 1975, nonché storico collaboratore de La Gazzetta dello Sport). Lo storico amico di Gianni Brera, rimarca e si sofferma su concetti e passaggi storici già evidenziati dal collega Castelli. Grazie al suo lavoro facciamo tuttavia la conoscenza dei nomi che stanno alla base della Soc. degli Steeple-Chases, dal conte Felice Scheibler, fondatore della società, fino al meranese Piero Richard, in una girandola di Presidenti della società che si intrecciano alle storie di altri "immortali" uomini del settore come Federico Tesio, Ranieri di Campello, Vincenzo Pollio e Mario Argenton. Una parte senz'altro necessaria, un tributo agli uomini che hanno forgiato del movimento dettandone la via maestra, ma forse noiosetta. Di certo sono più brillanti i contributi del giovane Marco Vizzardelli (giornalista dello Sportsman, a secco di pubblicazioni), che regala una parte sentita come testimonia il tocco melanconico (bella la descrizione dell'impiato Mirabello di Monza) e poetico (bella la descrizione della figura dei gentleman e delle amazzoni) che sta alla base del contributo, e di Mario Fossati (deceduto un paio di anni fa, anche lui scuola Gazzetta dello Sport) che potremmo definire concentrati rispettivamente sulla figura dei cavalieri e dei cavalli che hanno fatto la storia del settore, con descrizione di nomi e gesta sul campo.

Come secondo contributo abbiamo invece le pagine offerte da Piero Mei, giornalista targato Il Messaggero (ne è stato caporedattore) autore di vari libri sulla storia delle Olimpiadi, che opta per una via di mezzo tra quanto narrato dai colleghi. Di fatto Mei parla un po' di tutto, ma si concentra sul versante tecnico. Parla di allenamenti, allevamenti e attitudine morfologica e naturale del cavallo a saltare, vista più come una costrizione piuttosto che una predisposizione sulla scia di quanto affermava Federico Tesio. Addirittura l'autore si spinge a immaginare possibili sviluppi futuri delle corse, con ostacoli sempre più variegati e intervento degli sponsor, a suo avviso, necessari nel lungo termine per permettere al circus di autofinanziarsi (ipotesi affascinante, ma ahimè tuttora disattesa) onde evitare il collasso (come infatti si sta verificando). E' il capitolo più curioso del volume, quello che porta a riflettere e regala spunti interessanti di sviluppo e di analisi.

Quindi un testo che per gli appassionati di storia dell'ostacolismo diviene una pietra miliare, peraltro corredato degli albi d'oro dei più importanti premi (a mio avviso un po' lacunoso perché mancano gli albi di premi come Nazioni, Grande Steeple delle Capannelle e altri minori che si sarebbero potuti inserire, dato che si tratta di un volume che si pubblica in occasione di un anniversario) e da una serie interminabile di foto in bianco e nero e a colori di cavalli e cavalieri. Il formato è quello "gigante", con copertina rigida e pagine lucide stile enciclopedia. Da avere nella propria biblioteca se si è amanti dell'ìppica, ma si poteva renderlo ancora migliore, lavorando su un'armonizzazione cronologica del testo in modo da evitare di ricadere sui medesimi aspetti e sugli stessi aneddoti, di certo avrebbe potuto e dovuto costituire uno stimolo ad avviare una produzione di volumi che invece non c'è stata e di cui anche oggi, evidentemente, qualcuno non ne sente la mancanza a buona pace di chi parla di "cultura sportiva" in ambito ippico.

Passaggio da CROSS COUNTRY
(da encore-editions.com)

"Il Grand National è stato definito da Fred Winter, fantino inglese con 319 cadute a carico nella sua gloriosissima carriera, «il modo più pazzo di guadagnarsi da vivere»" (Piero Mei).

"Pazzia? Chiedete a un tifoso autentico d'automobilismo, se per lui Gilles Villenueve fosse pazzo. Vi dirà che così è, o può essere, lo sport. Nella sua accezione più nobile. Ma, anche senza arrivare a questi estremi, è straordinario che vi siano stati cavalieri dilettanti che abbiano accoppiato a una riuscita d'alto livello nel loro sport, esiti eccelsi nella loro professione. Il che, in breve, significa essere grandi uomini... In un mondo che si picca di insegnarci che nulla si fa per gratis, e si vanta d'insegnarlo, in un mondo nel quale la professionalità ha sorpassato la nozione di valore, per diventare talvolta stucchevole luogo comune, il dilettantismo ad alto livello dei gentleman riders rischia di proporsi come CONTRO-VALORE INDISPENSABILE. E' straordinario che esistano persone che, in possesso d'una regolare professionalità al di fuori dell'ippica, cioè di una normale attività lavorativa, trovino tempo e voglia per dedicarsi ai cavalli..." (Marco Vizzardelli).
  

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