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venerdì 20 novembre 2015

Recensione Saggi: SUITE 200 di Giorgio Terruzzi.



Autore: Giorgio Terruzzi.
Sottotitolo: L'Ultima Notte di Ayrton Senna.
Premi vinti: Vincitore Bancarella Sport 2015
Genere: Sport.
Anno: 2014.
Editore: 66thand2nd.
Pagine: 136.
Prezzo: 15 euro.

Commento di Matteo Mancini.
Acquistato all'ultimo Pisa Bookfestival, il sei novembre per la precisione, e letto tutto d'un fiato. Cronistoria in salsa romanzo di un week-end dannato vissuto in Italia, anche se per rappresentanza di San Marino, prima dagli sportivi e poi da un'intera nazione ma anche, soprattutto, dal mondo intero. Il mondo dei motori e, ancor di più, di quello toccato dall'onda mass mediatica, una frustata di tristezza e di durezza da frantumare il mito dell'immortalità di certe leggende sportive viste alla stregua di eroi del nuovo millennio. Giorgio Terruzzi, volto noto della televisione e della carta stampata, scrive un libro che non avrebbe mai voluto scrivere, vuoi per le sensazioni vissute in pista quel fine settimana, vuoi per l'amicizia che lo legava ad Ayrton Senna, vuoi, perché no, per una sensazione sinistra che spinge i maghi della penna a non scriverle mai certe storie. Un sogno, così svela alle interviste, a fargli cambiare idea; una premonizione o, chissà, la voglia recondita di donare ai posteri il ricordo di chi certe storie le ha viste svilupparsi sotto i propri occhi, come uno spettatore pagante di uno spettacolo che risponde agli ordini di un regista occulto; un potente burattinaio chiamato a sviluppare il copione vergato da uno sceneggiatore celato dalle nubi, in quelle coltre grigiastre portatrici di un'acqua, la stessa, che rivelò Senna al mondo intero, quello ozioso, quello che vede solo gli apici di un certo sport, poco interessandosi delle categorie inferiori dove i campioni si forgiano, crescono e alla fine compiono imprese nel teatro destinato ai grandi attori.

Giorgio Terruzzi, un nome che sarà conosciuto ai più, di certo agli appassionati del mondo dei motori e del rugby. Laureato con una tesi su Brook, regista tra l'altro di Lord of the Flies dall'omonimo romanzo di Golding, ha pubblicato una dozzina di libri, tra i quali Curva Cieca (1991, dedicato alla vita dell'asso del volante Achille Varzi), il recente Grazie Valentino (2015, su Rossi), ma anche il burlonesco Se l'Ammazzi fai Pari (966 battute sul mondo dello sport, per Zelig Editore) che fa un po' il verso alla battuta detta da Tomas Milian a un allievo di Bombolo in Delitto sull'Autostrada, ironia della sorte, quasi a voler chiamare in causa Milanismi scritto da Terruzzi, in simbiosi con Abatantuono, per la Mondadori nel 2005 con l'attore di Regalo di Natale immortalato in copertina come la matrice di tutte le disgrazie di quel Faust a cui Brook, il Peter di cui alla tesi di Terruzzi, ha dedicato il suo debutto nel mondo del teatro nel 1942, portando in scena a Londra Doctor Faustus.
I più, però, conosceranno Terruzzi per la sua vivida presenza nel mondo delle corse e della tv. Capello lungo alla Merzario del giornalismo o forse, senza voler stimolare i pruriti o i calci di certi giornalisti, alla Paolini, personaggio immortalato, sì, dalle telecamere, ma senza la volontà degli operatori per nulla felici, anzi stizziti e a volte imbufaliti. Direttore, fino a qualche tempo fa, di Sport-Mediaset, responsabile della rubrica motori (indimenticabili e imperdibili le sue pagelle sopra le righe alla fine di ogni GP), cronista a modo suo, divertente e divertito, tanto da render piacevole anche la cronaca di GP responsabili di aver ampliato i casi di narcolessia in giro per il mondo. Collaboratore per testate quali Corriere della Sera, addirittura capo redattore di Matrix, lo storico programma ideato da Enrico Mentana, ma soprattutto voce auterevole e autoriale con toni da Meda garbato, ma comunque votato alla spettacolarizzazione dei tratti di penna al fine di render spassosa la lettura o l'ascolto quasi come se fosse una componente pertinenziale, ma non per questo di minor interesse, del tema trattato, che è sempre e solo, la cronaca, le imprese e le vittorie di altri, campioni irraggiungibili baciati da un tocco che ha un che di divino, trascendentale, potremmo dire addirrittura eroico. Gesta e manovre quasi cinematografiche da rileggere sotto una lente all'apparenza deformante che le rende però vivide, viventi con evoluzioni da tragedia greca e, perché no, da opera letteraria. Poco importa poi se nominalmente ha sceneggiato un film intitolato Asini, divertente commedia interpretata da Claudio Bisio, poiché le sue opere sono contenutisticamente parlando dei cavalli di razza, come indica quel cavallino a cui Terruzzi ha dedicato il documentario Ferrari 100.

L'autore GIORGIO TERRUZZI.

Suite 200, un titolo che non è in relazione col 100 Ferrari, piuttosto con la camera di un hotel di Castel San Pietro, in cui il tre volte campione del mondo di F1, Ayrton Senna, era solito pernottare in occasione dei gran premi di San Marino, disputati a Imola, provincia di Bologna, per indisponibilità di piste regolamentari all'interno dei territori del piccolo stato, una fortezza storica inglobata nella nostra penisola dopo l'unione di Italia. Un volume che si apre proprio laggiù, nel 1994, su quel tracciato maledetto da un oscuro destino favorito da modifiche poco calibrate di regolamenti e auto, di sviluppi prestazionali troppo esasperati e per nulla parametrati alla sicurezza garantita da vie di fuga e da scocche dimostratesi cedevoli.
L'autore, Giorgio Terruzzi, sceglie, intelligentemente, di raccontare i fatti con piglio più da scrittore che da giornalista. Stile scorrevole, a tratti verboso, ma alla fine appagante, non dico spassoso perché il testo è triste, melanconico, per lunghi tratti tale da far sorgere la voglia di abbracciare questo campione all'apparenza indistruttibile, tutto solo nella sua camera d'albergo, in compagnia di un animo martoriato dall'esigenza di voler regalare ai più deboli un'emozione da tradursi poi in aiuti concreti; ma soprattutto ferito da un carattere schivo, affamato di corse tanto da divorare la vita privata, le relazioni, i rapporti umani anche a causa di una famiglia iperprotettiva, di un padre emerso dalla povertà grazie a oculate scelte imprenditoriali e portato a guidare la vita del figlio, troppo ribelle però da sottostare a una vita senza competizioni, senza corse, senza il brivido della velocità, ma incapace di ribellarsi del tutto.

Il volume offre uno squarcio quasi inedito sulla vita di Senna. In virtù di oculati flashback, Terruzzi immagina l'ultima notte passata da Senna, alla vigilia del gran premio di Imola, già funestato dal grave incidente occorso a Rubens Barrichello nelle prove libere (qui inizia il volume) ma, in modo particolare, dalla morte di Roland Ratzenberger (Terruzzi offre qualche cenno e ricordo di quanto vide in pista quel giorno), a dodici anni esatti di distanza dagli ultimi decessi in pista corrispondenti ai nomi di Gilles Villeneuve e Riccardo Paletti. Poco lo spazio lasciato alle cronace delle imprese sportive, giusto degli schizzi essenziali, imprescindibili per proseguire la narrazione. A Terruzzi interessa parlare del lato umano e sentimentale del pilota, parla di come è sorta la sua voglia di correre, delle sue prime gare in categoria go kart e soprattutto parla dei suoi amori costantemente osteggiati dalla famiglia, del matrimonio fallito per responsabilità attribuibile allo stesso Senna, troppo giovane e poco disposto a dividersi tra lavoro e casa, dell'attaccamento morboso e visionario alla religione, fede evangelica per la precisione, del desiderio di donarsi agli altri nella vita comune senza però sconti in pista. Una voracità e una ferocia ai limiti della correttezza, talmente forti da spingerlo a cacciare fuori pista Alain Prost, l'acerrimo rivale, in modo deliberato qualcuno affermò criminale, per vendetta, nel famoso gran premio del Giappone; teatro eletto per la risoluzione dei conflitti tra i due, già tutto esaurito un anno prima, con l'idea di trovarsi al Madison Square Garden o più semplicemente, data la materia prima, al luna park, specialità auto-scontro. Terruzzi parla di tutto questo immaginando un Senna riflessivo, incapace di dormire nella sua suite 200, a meditare sulla sua vita, sulle recenti tragedie, ma pure su quelle passate, con un ricordo molto particolare per il piccolo aviatore, conosciuto anche come il fantino, Gilles Villeneuve. Un bilancio del tempo che è stato, uno stimolo da tradursi in trampolino verso il futuro, magari aperto a una famiglia tutta sua, condizione imprescindibile alla nascita di un figlio, e perché no allargata, tanto da tradursi in impegno in politica, di certo nel sociale data l'idea concreta (e realizzata post mortem) di dar vita a una fondazione finalizzata ad aiutare i più bisognosi. Così scrive Terruzzi: "Un trionfo motoristico pagato cifre esorbitanti. Mascherato dalla consapevolezza di essere Ayrton Senna. Un'iradiddio. Un fenomeno. Ma anche una figura fastidiosa. Per chi faceva il suo stesso mestiere senza dubbio. Per chi faceva il suo stesso mestiere ed era brasiliano ancor di più. I colpi bassi in pista se li aspettava e li dava".

Terruzzi regala ai suoi lettori anche spezzoni piuttosto delicati, come il tentativo della famiglia di mettere in guardia Ayrton circa il suo ultimo amore, motivazione capace di spingere il fratello a registrare, per conto del padre, le telefonate tra la ragazza e il suo precedente findanzato e andare a sbandierare il tutto a Ayrton, proprio alla vigilia della sua ultima gara. Molte pagine sono poi dedicate alle cattiverie di Nelson Piquet, campione connazionale adombrato dalla lucentezza del nuovo arrivato, che giunse a spargere la voce che Senna fosse omossessuale, con tutta una serie di conseguenze per il giovane pilota emergente, sempre solo, riservatissimo e senza distrazioni, visto come soggetto un po' strano, al punto da alimentare certe voci e darne quasi conferma indiretta. In realtà, come spiega l'autore, "delle ragazze che circondavano quel mondo, del resto, non si curava affatto... E l'idea di consumare rapporti frettolosi, occasionali, superficiali, aggiungeva malinconia su malinconia. Era diverso dai suoi colleghi. Era diverso nel profondo, diverso si sentiva, voleva essere, preso da una missione personale che manteneva a distanza una quantità di accessori".

Scopriamo poi, ma già lo sapevamo, l'attaccamento mostruoso di Senna nel lavoro, nella cura nel dettaglio così precisa e marcata da sorprendere ed esaltare gli ingegneri giapponesi, per i quali era un monaco, un asceta, assettato e dispensatore di conoscenza, quasi più preciso dei computer, di certo più veloce nel dare informazioni di qualunque altro avessero conosciuto. Merito di Senna, merito in parte del suo preparatore Nuno Cobra, un maestro nel distillargli consigli di gestione mentale che il pilota esasperava guidando in stato di trance, in quella che Terruzzi chiama "esperienza mistica". Non costituiscono mistero certe rivelazioni di Ayrton che sosteneva di guidare vedendo accanto a sé Dio, tanto da suscitare ilarità nei giornalisti che lo deridevano e lo consideravano, bravo sì, ma normale poco, forse addirittura pazzo, comunque ai limiti del disturbo psichico.

Seguono i contrasti con Prost e col presidente della FIA, il francese Balestre, il rischio di esser estromesso dal campionato mondiale, la costrizione di inviare una lettera di scuse alla federazione, fino all'ottimo rapporto con lo scudiero Gherard Berger e alla decisione di lasciare la McLaren, con le difficoltà, a generare rimpianti, in casa Williams al cospetto di un astro nascente che di nome faceva Michael Schumacher.

Dunque un gran bel testo che ha regalato a Terruzzi la soddisfazione di vincere il Bancarella Sport 2015, pur se in ex aequo, ma soprattutto di gettare luce su aspetti di Senna meno trattati. Più spazio alla componente emotiva, sentimentale, vuoi introspettiva, piuttosto che ai risultati in pista, apprezzabili da qualsiasi storico e lettore di ordini arrivo, il tutto narrato prendendo come riferimento l'infausto week-end di Imola a plasmare un saggio mascherato da romanzo costruito sulla cronaca vera. Imperdibile per un amante del genere.

Cosa aggiungere su Senna... Posso solo dire che ricordo perfettamente quel giorno, all'epoca ero tifoso di Mika Hakkinen e Bertrand Gachot, con quest'ultimo che si era qualificato con la pessima Pacific-Ilmor. Ricordo quel movimento del casco di Senna, impercettibile ma evidente, che fece pensare anche a me che il sinistro poi non fosse così grave. Poi però il resto... il continuo premere sui bottoni del telecomando per leggere gli aggiornamenti su Televideo. La passeggiata a piedi per Tirrenia, alla fiera che si celebra ogni anno nel mio paese per il primo maggio, le voci che serpeggiavano, infine il triste annuncio. L'indomani le rivelazioni di un mio compagno di giochi di allora, non avevo ancora tredici anni, che mi riferì di esser stato presente in pista il giorno dell'incidente mortale di Ratzenberger, di non aver visto niente, ma di aver udito un tonfo terribile, fortissimo da sovrastare tutto e tutti. Ricordo che comprai anche Autosprint, ma chissà dove sia finita quella copia.

Ricordare Senna come pilota, penso che niente sia più preciso e adeguato del giudizio espresso da Alex Zanardi nell'ottima collana edita dalla Gazzetta dello Sport intitolata I Miti della F1 ai Raggi X: "Ayrton è stato un grande professionista. Secondo me più per vocazione che per dedizione... Grande comunicatore, tutto poggiava su un talento di quelli mai visti, pazzesco, e un carisma che alla fine ha spinto tanti appassionati a battezzarlo come il più grande di tutti i tempi... Un'altra sua dote immensa era la fantasia, la capacità di farsi venire in mente mosse decisive in porzioni di tempo inarrivabili per i suoi rivali... E' stato il pilota che nella sua epoca ha riscritto le regole del gioco e chi ha voluto avvicinarlo ha dovuto usare le sue... Il suo difetto più grande era quello di quasi tutti gli sportivi di alto livello: lo sport per me è una forma d'arte e i campioni tendono a essere un po' narcisi. Lui lo era... A lui non piaceva vincere, piaceva dominare."

AYRTON SENNA 
in un momento di riflessione religiosa.

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