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giovedì 19 marzo 2015

Recensione Saggi: LE CENTO CORSE di Renzo Castelli.



Autore: Renzo Castelli.
Sottotitolo: Uomini e cavalli in un secolo di storia pisana.
Editore: Tacchi.
Pagine: 200.
Prezzo: Fuori catalogo.

Commento di Matteo Mancini.
Bel volume che diviene eccelso se si considera che, per ragioni assurde e inspiegabili, volumi del genere non vengono pubblicati. Eppure si sta parlando di uno sport, l'ippica, un tempo considerato di primario livello anche in Italia, grazie al coinvolgimento di autorità e di uomini di primaria importanza nell'ambito nazionale. Soggetti come il Re di Italia, il regista Luchino Visconti, il mago Federico Tesio e giù a scendere in una lunga sequela di personaggi di spessore eccezionale. Non a caso, se si va a spulciare nelle pubblicazioni emergono molti documenti risalenti all'ante guerra. Ai giorni attuali, complice il momento di crisi (aspetto comunque marginale nel settore delle pubblicazioni a tema), il panorama ippico sembra riconducibile, quanto a divulgazione notizie e investimenti sotto il profilo culturale e informativo, a un club delle boccette, dal sapore tendente al settario, in cui si guarda con ostilità chi proviene dall'esterno e in cui ognuno guarda in casa propria. Ciò che interessa è il movimento scommesse, per chi organizza, o la vittoria dei premi per chi partecipa. Viene investito poco o nulla sull'esaltazione sportiva dei vari protagonisti, siano essi fantini, allenatori, proprietari o, meno che mai, cavalli. Persino un libro eccellente come quello di Franco Varola, intitolato Il Mito di Tesio, ha dovuto subire lo smacco della non pubblicazione in Italia. La decisione degli editori locali si fa persino tragicomica, poiché il volume, che parla dell'ippica italiana, fu pubblicato in Inghilterra, in inglese, nel 1984 e stampato in Italia solo nel 2004, a Varola deceduto. Davvero imbarazzante.

E allora ecco che non si può che parlare positivamente di questo lavoro di Renzo Castelli, giornalista pisano appassionato di ippica e uno dei pochi (ma pochi davvero) che ogni tanto pubblica libri sul mondo del galoppo soprattutto pisano. In questo blog abbiamo già recensito il suo volume su Ribot e il romanzo Un Brocco per Vincere. Scriviamo oggi questa pagina proprio perché ci troviamo a undici giorni dalla prossima edizione del Pr.Pisa, premio principale della città in ambito ippico, e a cui Castelli ha dedicato questo volume.

Si tratta di un testo composto da 200 pagine con 290 foto a corredo, col quale Castelli ricostruisce la storia del Premio utilizzando la classica quale bussola orientativa attraverso la quale parlare dei protagonisti delle varie epoche, e soprattutto degli eventi e delle mutazioni della città, in un periodo che va dagli anni '20 dell'ottocento al 1989, anno d'uscita del testo, avvenuta in coincidenza con la centesima edizione del premio.

Ricordo che fu regalato svariati anni fa, quando andavo alle superiori, peraltro senza copertina esterna. Ho un immagine di questo volume, nero e cartonato, mentre mangio una schiacciata con la Mortadella in via Luigi Bianchi, a Pisa, e alla tv scorrono le immagini di una partita di qualificazione tra l'Italia e la Moldova con la porta di questi ultimi, se non ricordo male, difesa da un tale Romanenco che indossa una maglia marca Puma, la stessa che aveva il portiere della Rep.Ceka, Petr Kouba, che perse in finale contro la Germania gli Europei del '96 (ho gli inni nazionali, con il difensore Miroslav Rada che strizza l'occhiolino in camera, e la sintesi registrata dalla partita, nonché la sequela dei rigori della semifinale contro la Francia). Probabilmente si trattava di una partita del '97, ma la potrei confondere con un'altra contro l'Ucraina (scarterei la soluzione perché in porta ci sarebbe stato il giovane Shovkovskij). Di certo c'è una partita di mezzo dell'Italia. Torniamo però in tema, dopo questa piegata esterna in territori da cross-sportman.

Castelli adotta uno stile giornalistico molto scorrevole, brioso, impreziosito da alcune interviste fatte nel tempo a grandi personaggi dell'ippica pisana come gli eredi di Polifemo Orsini (primo fantino italiano ad aver vinto il Derby reale in sella a Van Dyck, nonché primo italiano a vincere il Premio Pisa nel 1909 dopo 21 edizioni andate a beneficio dei jockey stranieri), il Presidente storico dell'Alfea Harry Bracci Torsi (vincitore anche del G.P.Merano con Chivas Regal), Federico Regoli, Enrico Camici, Silvio Parravani, Peo Perlanti e altri.

Al centro del tutto c'è il quartiere di Barbaricina, fondato dagli inglesi e costruito in funzione dei cavalli tanto da beneficiare, al tempo, del nome de Il Paese dei Cavalli (che è anche il titolo di un altro libro dedicato da Castelli a San Rossore). Tutto nasce nel 1829 con la realizzazione della pista disegnata da Leopoldo II di Lorena, per dar inizio a una serie di sfide ufficiose tra benestanti inglesi, su cui si scommettevano importanti somme. Solo nel 1854 però fu organizzata la prima riunione ufficiale di corse (due riunioni l'anno), sotto il patrocinio del Duca d'Aosta, andando avanti, un po' a corrente alternata, fino al 1885, anno di istituzione della I edizione del Premio Pisa. La corsa si svolse in un clima non di grande interesse, anche perché il pubblico elitario era interessato soprattutto al Pr.Serchio che si correva lo stesso giorno, con montepremi superiore e spettacolarità maggiore dato che i concorrenti erano chiamati a saltare una serie di ostacoli in una primordiale edizione di una corsa in siepi. 
Non ancora reputato classica, peraltro riservato ai cavalli di tre anni e oltre (dall'anno dopo correranno solo i tre anni) , sui 1.800 metri, con metà del montepremi realizzato grazie alle donazioni dei commercianti, il Pr. Pisa vide trionfare Rosenberg, che qualche mese dopo vincerà anche il Derby, montato da Walter Hemming da Liverpool.

Curiosa la quarta edizione, nel 1888, anno in cui a Whitechapel imperversava il misterioso killer poi denominato Jack lo Squartatore. Anche l'edizione del Pr.Pisa si tinse di thrilling. Lo starter invalidò la prima partenza, ma i concorrenti non sentirono il richiamo. Vinse Dario, ma la corsa fu annullata e lo starter richiamò i concorrenti per la seconda partenza. Non si presentarono in tre, tra cui il vincitore e il favorito. Vinse Filiberto del Principe Ottajano per le ire del pubblico che si scagliò contro lo starter, costringendolo a rifugiarsi in pineta fino a tarda sera. Roba che nemmeno al palio di Siena...
Il 1888 però fu anche l'anno in cui irruppe una figura determinante per l'ippica pisana: Il bresciano, da Chiari, Giacinto Fogliata. Polemista d'oc, laureato in veterinaria e grande appassionato di ippica. Fondò un giornale, Il Giornale di Ippologia, in cui attaccava tutti: allenatori (troppo antiquati), allevatori (per le importazioni sbagliate), veterinari (scarsa propensione all'aggiornamento), Jockey Club (penalizzava la pista) e adottò un atteggiamento di favore verso i fantini locali. Nel 1891 fondò l'Alfea organizzando corse in parallelo all'altra società presente, entrando presto in polemica anche con la stessa, perché poco lungimirante e poco propensa alle innovazioni. Fogliata è preso dall'ossessione di trasformare Barbaricina in una nuova Newmarket, non riuscirà nel suo intento anche perché morirà troppo presto.

Intanto nel 1909 Pisa conobbe un allenatore-allevatore che farà la storia dell'ippica: Federico Tesio, fondatore della Razza Dormello Olgiata. Il piemontese si aggiudicò la 22° edizione del Premio, dopo le tre pause del 1899, 1900 e 1901, con Angelica Kauffman. Sarà lui il vero dominatore della classica vincendola 15 volte (proseguirà poi la Razza Dormello Olgiata). Castelli riporta uno stralcio dell'intervista fatta negli anni '60 a uno dei suoi fantini, Federico Regoli (che vinse la prima edizione sui 1.500 metri, nel 1917, in sella a Giampietrina), il quale rivela la ferocia dei metodi di allenamento di Tesio: "Tesio era di una severità che sfiorava la crudeltà. Dal lotto dei puledri pretendeva ogni anno di estrarre un campione e lo faceva sacrificando tutti gli altri in lavori severissimi. Se oggi usassimo quei metodi di selezione rimarremmo senza cavalli già a marzo... Lui era qualcosa di diverso da un allenatore, nessuno potrà mai essere come lui. Si interessava di astrologia, filosofia, botanica, perfino politica e poi applicava tutto nello studio del cavallo."

Seguirono le battaglie tra Polifemo Orsini, detto Briglia d'oro, e Federico Regoli, entrambi ingaggiati da Tesio. Ci fu anche la vittoria del fantino ungherese, Nagy, con Sigfrido nel 1922, anni in cui il Pisa calcio condotto da un altro ungherese (tra i primissimi a vivere a Tirrenia), Ging/King, perse la finale per aggiudicarsi il titolo di campione di Italia. Nel 1925, dopo il primo pari merito della storia del Premio, Pisa beneficiò dell'incremento delle giornate di corse che passarono da due a cinque riunioni. Vi furono poi i successi di Caprioli e della Razza del Soldo (il primo nel 1932 con Agrifoglio, bissato quattro anni dopo da Archidamia), rivale storica di Tesio.
I pisani videro inoltre in pista  anche Nearco, leggenda a quattro zampe della Razza Dormello, che corse in una corsa secondaria nel 1938, lasciando poi a un compagno di scuderia, Gabbro con Gubellini, l'onore di aggiudicarsi l'edizione del Pr.Pisa dell'anno. Le cinque edizioni che seguirono, in un clima da guerra, furono una lotta tra la Razza del Soldo e Santa Lucia. Nel 1942 venne introdotta per la prima volta la scommessa accoppiata, nonostante i tre soli partenti; vinse Arco. L'edizione del 1943, l'ultima prima dell'interruzione e dei bombardamenti sulla città, fu testimone della lite furibonda tra Pandolfi (che vinse) e Caprioli, con frustate tra i due e scazzottata che costrinse i commissari a intervenire e a placarsi solo dopo l'intervento dei gerarchi del regime.

Dopo tre anni di interruzione si ritornò a correre nel 1947. Nuovi fantini, sempre del posto, divennero protagonisti. Su tutti Roberto Renzoni (che si aggiudicò le prime due edizioni) e soprattutto Silvio Parravani che vinse le quattro successive, facendo però la conoscenza, nell'ultima di queste vinta con Simon Mago, di due nuovi emergenti: Enrico Camici e Idalgo Gabbrielli, rispettivamente al secondo e terzo posto. Fu quest'ultimo a rompere l'egemonia del collega, in sella a Master, nel 1953, lasciando Parravani solo al terzo. Fu poi il turno di Enrico Camici, che diverrà il fantino di punta della Dormello Olgiata, nonché lo storico fantino di Ribot. Anche lui di Barbaricina, vincerà la sua prima edizione nel 1955 proprio col mostro, facendo quindi un filotto di cinque vittorie consecutive. Ne vincerà una sesta, con Rieti, nel 1965, dopo esser stato beffato di un muso l'anno prima da Tifone per i colori della mitica Scuderia Diamante (conosciuta anche in siepi) e da Kiev, della scuderia Aurora (autrice nell'anno prima quasi di uno storico en plein con cinque vittorie su sei, in una riunione di febbraio, con la sesta corsa persa di un muso per opera di un giovanissimo Gianfranco Dettori in sella ad Alfeo), un anno dopo. Si piazzerà terzo nelle tre successive edizioni, compresa quella dello scandalo del 1968 quando il Premio fu declassato ad handicap, suscitando le ire di Bracci Torsi che riuscì subito a convincere il Jockey Club a ripristinare il valore della corsa.

Negli anni '70, periodo di grandi trasformazioni strutturali delle infrastrutture pertinenziali alla pista, ci fu la beffa subita proprio di Bracci Torsi, il presidente dell'Alfea, che vide perdere il suo Pripjat (nome quest'oggi infausto essendo la città fantasma abbandonata dopo il disastro nucleare di Chernobyl), montato da Ferrari, a causa di un terrendo paludoso da cui emerse Diamant della scuderia Ignis. Quindi, nel 1971 e nel 1972, i successi di Weimar, ultimo grande cavallo della Scuderia Aurora (al uo terzo e ultimo Pr.Pisa), capace di imporsi in giro per l'Italia in una serie di classiche, e di Azzazel su Black Velvet, con la prima vittoria di un altro fantino pisano: Peo Perlanti.
L'edizione del '73 vide, curiosamente, in seconda posizione un cavallo di fatto omonimo dell'unico cavallo di famiglia che corse l'edizione, nel 1982, cioè Veratrum montato proprio da Peo Perlanti che poi vincerà l'edizione appena citata, quella del 1982 (in pista anche la leggenda inglese Lester Piggott), in sella a How to Go della Incolinx nell'unica edizione in cui un cavallo di famiglia prese parte alla corsa, peraltro con velleità di piazzamento, Veratro. Quest'ultimo, acquistato con uno stratagemma dalla scuderia Pacini che lo aveva affidato a Franco Scuro, scese in pista con i recentissimi colori di Tamara Garibaldi (prima aveva corso con quelli dell'allenatore Alvaro Beretta). Garibaldi prenderà parte ad altre due edizioni, arrivando ai margini del marcatore, con Grenoble e Delium, oltre che a tentare le siepi con Serum, figlio di Mattonaia (cavallina acquistata da Garibaldi all'asta ANAC di Settimio Milanese, perché passata per ultima e alquanto arzilla) e fratellastro di un cavallo nato da Stone: Keoma. La scuderia di famiglia proseguirà invece con altri colori, prendendo parte anche a una Coppa del Mare.


VERATRO al rientro vittorioso di un
Premio di preparazione al Pr. Pisa del 1982.
(Foto di archivio tra i ricordi di famiglia).

Tra gli altri successi si ricorda l'unico trionfo della Lady M (vincitrice anche del G.P.Merano) con Giadolino, nel 1976, quindi le vittorie dei futuri stalloni Capo Bon (padre di "paperino", cavallo di casa avuto nei primi anni '80, amante delle corse di testa e che a Firenze riuscì nell'impresa di sbagliare percorso), Stone e Isopach (quest'ultimo di proprietà dello straniero Hunt). Nel 1981, anno di nascita del sottoscritto, successo di una femmina: All Silk - Tutta Seta, della scuderia Andy Capp, quindi il flop clamoroso di My Top della Siba nel 1983 (vincerà poi il Derby di Roma), per la felicità della Razza La Tesa. La vera edizione del centenario, che non è quella di Capolago (che invece si aggiudicò la centesima edizione) di cui ricordo la foto sul traguardo esposta al Bagno Balena di Marina di Pisa (era il 1992, ricordo), fu vinta dal grigio Spegash (omaggio al mantovano volante, idolo delle siepi, Spegasso?) della Rencati su Sirlad Junior. Edizione thrilling l'anno successivo con la beffa per la Rencati che vide distanziare il suo Svelt a vantaggio dell'unico successo griffato Cieffedi, con South Thatch. Seguirono il doppio successo dei grigi, con la favola Genevien (cavallina, praticamente di scuderia, nata a seguito dalla disgrazia capitata alla madre Geni che fu sul punto di essere abbattuta) montata da Willy Carson e l'ultimo successo Dormello con Dordone (cavallo che ho visto correre anche io a Pisa). Quindi, nel 1989, vittoria per lo Sheikh Mohammed, vera e propria leggenda dell'ippica inglese, con Flight of Destiny.

Il volume si ferma qua, posso solo ricordare la prima edizione del Pr.Pisa a cui ho assistito ovvero quella del 1992, edizione speciale anche per i protagonisti coinvolti.  Ricordo una grande confusione, con un sacco di spettatori e ippodromo gremito come spesso capitava a Pisa (anche nelle corse della settimana). Arrivai in pista con una macchina fotografica spartana, credo di aver scattato una sola foto quel giorno. Mi venne detto: "Vedi quel fantino lì...? E' tra i più grandi al mondo..." Io presi la macchina fotografica e, spintonando a destra e a sinistra per farmi spazio al tondino, scattai la foto a quello che sarà il vincitore della corsa: lo straniero Worldwide, con in sella Gianfranco Dettori, definito dagli australiani "Il Mostro" e vincitore l'anno prima con Pian di Caiano. Ricordo la dirittura di arrivo tra Worldwide e That'll Be The Day, con in sella a quest'ultimo un giovanissimo Frankie Dettori, figlio dell'altro Dettori e capace di diventare una leggenda più del padre pochi anni dopo. I due lottarono davanti a un altro straniero, che poi sarebbe diventato uno specialista dei Cross-Country, Improvement (finirà nella scuderia della M.G. Manzione). Purtroppo non scattai la foto a Frankie Dettori, peccato... resto comunque molto affezionato a quella che scattai, senz'altro la migliore tra quelle che feci all'epoca insieme a una scattata a Willy Carson su Priner Italic (leggendario finale tra lui e Lester Piggot nella più famosa edizione del Derby di Epson che vide contrapposti Roberto e Rheingold).

WORLDWIDE vincitore dell'edizione del 1992 con in sella
Gianfranco Dettori.
(Foto di Matteo Mancini).

Un'altra edizione che vidi fu quella del 1995, vinta da un altro straniero: Sharpest Image di cui ricordo un posteriore e una muscolatura enorme, quasi doppia rispetto a quella degli altri (Riccardo Menichetti avrà in allenamento un altro cavallo con questo nome, dunque doppio anche dal punto di vista della nomenclatura). Vinse di una testa su Blue Risky. Fui altresì presente nel 1998 dove ricordo Le Revolte, acquistato all'estero, al debutto in Italia per i colori Briantea. Concluse terzo, alle spalle del solito straniero (quando venivo io vincevano tutti gli ospiti esteri, segno però che le edizioni erano internazionali e forse, anche per questo, tra le più importanti di tutta la storia del Premio) Timekeeper, secondo Deep Sea con Frankie Dettori, quarto un altro straniero, che non ha a che fare con Stephen King nonostante il nome: Night Flyer. In quella edizione corse anche Delium del ricordato Garibaldi (acquistato per caso perché presentato insieme ai cavalli allevati dal signor Tognetti che Garibaldi comprò in blocco), che ho visto per l'ultima volta in una festa di famiglia a Marina di Pisa, di ritorno da Santa Margherita Ligure, quando avrei dovuto debuttare in una partita di Coppa Italia tra due squadre di serie B di calcio a 5 (rimasi in panchina invece).

Questi i ricordi personali per un articolo che è un po' recensione di un volume che forse meriterebbe un completamento stante i quasi trent'anni trascorsi dalla sua uscita, che a me sembrano pochi perché ricordo come ieri le corse sopracitate, un po' un resoconto storico sui vincitori delle varie edizioni e un po' memoriale personali con almeno una dozzina di aneddoti non riportati.

L'acquisto del volume è consigliato agli amanti di ippica, ma riuscirete a trovarlo...?

Rimando all'articolo pubblicato al link sotto riportato per le statistiche e gli aneddoti, curati proprio dall'autore del volume in questione.

http://www.sanrossore.it/sanrossore/pdf/Paese_dei_Cavalli_6_1.pdf

I protagonisti dell'Edizione del 1982 in cui corse VERATRO,
sulla sinistra sembra esserci una coppia FAVERO, il secondo,
con giubba a scacchi bianco-rossa, giubba Magog con berretto diverso,
è LESTER PIGGOTT.
(Foto presa da LE CENTO CORSE, ricordo di famiglia).

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