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venerdì 25 luglio 2014

Recensione Saggi: FAR WEST LAZIO - IL VOLO DI UCCELLINO di Simone Manservisi


Autore: Simone Manservisi.
Genere: Libro Intervista.
Editore: Il Foglio.
Anno: 2014.
Pagine: 152.
Prezzo: 14 Euro.

Commento Matteo Mancini.
Volume atipico che, al di là del titolo, si struttura come un viaggio nella vita del calciatore PIER PAOLO MANSERVISI, protagonista (anche se con poche presenze) nella Lazio allenata da Maestrelli che vinse il campionato di serie A nel 1973/74. Una squadra composta da elementi esagitati ("quella Lazio era una gabbia di matti"), divisi da rivalità e con soggetti che non si parlavano tra loro, ma che diventavano un corpo unito e compatto quando dovevano scendere in campo. Il titolo Far West deriva dall'abitudine di alcuni di questi calciatori, tra i quali Giorgione Chinaglia, di utilizzare pistole in assurdi giochi tanto per sentirsi dei machi (Chinaglia finì addirittura per impallinare un cameriere). Il sottotitolo "uccellino" è invece legato al soprannome di Hamrin, funambolico giocatore della Fiorentina a cui Manservisi si ispirava.

Tutto dunque potrebbe lasciare presagire a un saggio sulla carriera di Manservisi (che non lesina in aneddoti), sviluppato con l'escamotage dell'intervista condotta dal figlio Simone. In realtà il volume, pur rispondendo in parte a quanto appena detto, è molto di più. L'autore alterna le vicessitudini del padre (e dei suoi compagni di squadra) con intermezzi fantastici, dove usa nomi fittizzi per parlare di partite effettive e dove ricorre ad atmosfere ai limiti dell'onirismo, ma soprattutto parla della propria esperienza di figlio d'arte, dei sogni della propria adolescenza (è stato anch'egli un calciatore, ma solo di C/2) e di come questi si siano sfaldati (per mancanza di carattere) costringendolo a risalire la china per costruirsi una nuova vita (da scrittore di belle speranze, alla sua undicesima pubblicazione). Ne deriva un volume piuttosto atipico intriso di una filosofia e di un romanticismo malinconico che non può che commuovere gli uomini con la "U" maiuscola e che cerca fare un parellelo tra il calcio del tempo che fu e quello invece odierno (un business dalla ferocia di un leviatano che fagocita emozioni e valori: "il calcio è lo specchio della società" dice l'autore).

Simone Manservisi rigetta la filosofia machiavellica del risultato a ogni costo e del fine giustifica i mezzi, per sposare una visione personale fondata sui valori della lealtà, della ricerca del bello, del culto dell'errore ("sono gli errori che ti mettono sulla retta via, che ti fanno comprendere meglio il senso del nostro vagabondare terrestre") e soprattutto del rispetto della propria persona ("la gente è spesso depressa e insoddisfatta perché non corre dietro ai propri sogni"). "Quando i soldi, la vittoria a tutti i costi e gli interessi di partito diventano prioritari rispetto alla grandezza delle persone, siamo arrivati ai titoli di coda... Sono solo un povero Don Chisciotte e combattere contro i mulini a vento è impresa inutile. Magari però, pur senza poterli sconfiggere, posso lottare meglio con draghi e mostri su altri terreni, dove non ci sono umani in carne e ossa. Nei libri magari."
Sono davvero molti i passaggi meritevoli di esser citati. Ne indico giusto qualcuno per far comprendere al lettore l'atmosfera che potrà respirare assaporando le circa centocinquanta pagine (c'è anche qualche foto) che compongono l'opera. Manservisi afferma, innanzitutto, che "prima bisogna morire per imparare a vivere. Poi si può vivere per imparare a morire." Il concetto potrebbe apparire assurdo, ma penso che l'autore voglia dire che è nelle difficoltà più estreme che si riesce a guardare dentro sé stessi, a compredere che la materia (intesa come beni materiali) non è la cosa da ricercare, poiché la vera ricchezza è quella interiore ovvero la capacità di essere dei fari guida per gli altri allo scopo di farli crescere interiormente.  "Se uno vuole fare carriera senza guardare in faccia a nessuno, è libero di farlo. E' anche probabile che ce la farà, io preferisco perdere, ma potermi guardare allo specchio senza rimorsi. Per me, sentire che ci sono persone che mi stimano per come sono dentro, è più importante che avere riconoscimenti per quello che ottengo fuori. Fama e soldi sono nulla confronto alla ricchezza che porta una coscienza linda. Potremmo paragonarci a Zeman, nel senso che per noi i valori da coltivare sono altri. Se in questo mondo conta solo vincere, ce ne freghiamo e portiamo avanti comunque la nostra filosofia. E' proprio nella sconfitta che vinciamo le nostre sfide"
Ed è qua che diviene importante, basilare, lo sviluppo giornaliero della propria personalità, da ricercare continuamente, giorno dopo giorno, senza tuttavia dimenticare la spensieratezza e l'allegria tipiche della fanciullezza. In fondo la vita è un po' come un gioco, anche se spesse volte è crudele e ingiusta. "Se mi sono salvato dall'autodistruzione, lo devo anche al fatto di esser sempre rimasto un po' bambino, consapevole che i dolori della vita si possono e si devono trasformare in grandissime opportunità per vivere al meglio il presente." La fantasia, o meglio il sogno, sono concetti che ritornano di continuo in questa opera, così come emerge in modo preponderande l'importanza della lettura, dello studio appassionato e appassionante visto come l'angelo custode che protegge dalla morte dell'animo e dall'incubo di ritenersi una persona fallita, sensazione che può minacciare personalità troppo sensibili: "E' scoppiato l'amore per la letteratura, per lo scrivere. E questo ha contribuito a farmi crescere, a evolvermi come persona, pensatore e artista, a irrobustire le radici del mio complesso carattere"

L'amore che Manservisi prova per il padre è palpabile, continuo, onnipresente, come giusto che sia. Allo stesso modo è costante la verve ironica che anima l'autore, lo capiamo quando attacca la Juventus o quando rigetta le logiche commerciali che governano una certa editoria ("Ah, chiamarsi Fabio Volo, quanti libri venderei! Se un giorno dovessi diventare un noto autore che scrive seguendo le mode, uccidetemi!").

Il messaggio che i due Manservisi ci lasciano e che da blasone a questo piccolo saggio è che si deve continuare a sognare, fregandosene dell'invidia altrui ("tutta questa gente ignorante e omologata") e ricercando il bene nel concetto socratico del termine, perché chi sogna a occhi aperti (come avrebbe detto Lawrence d'Arabia) diventerà quel sogno (concetto che mi richiama alla mente certi aforismi di un certo Bruce Lee), il successo della vita sta tutto qui e non certo nel raggiungimento della fama e dei soldi. Chapeau.

Saluto con le stesse parole di Simone Manservisi: "Se fossi un regista farei un film proprio su un personaggio come te (P.P.Manservisi). E nella colonna sonora ci metterei: Una vita da mediano di Ligabue".





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