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lunedì 14 aprile 2014

Recensione Narrativa: IL PALAZZO DALLE CINQUE PORTE di Stefano Di Marino


Autore: Stefano Di Marino.
Genere: Giallo.
Anno: 2014.
Editore: Mondadori.
Pagine: 275
Prezzo: 4,90 euro.

Commento di Matteo Mancini
Romanzo a metà strada tra il giallo e il genere fantastico, con un'intelaiatura che ripropone, seppur con taglio originale, il plot de La Nona Porta di Roman Polanski, film a sua volta tratto dal romanzo Il Club Dumas di Arturo Perez-Reverte.
L'opera, edita nella collana Il Giallo Mondadori e uscita nel febbraio u.s. (N. 3100), porta la firma di Stefano Di Marino. Scrittore milanese ormai di lungo corso, specializzato nella spy story e con all'attivo, sotto lo pseudonimo Stephen Gunn, svariati romanzi pubblicati per Segretissimo all'interno della serie Il Professionista, Di Marino accantona le tematiche di elezione per dedicarsi a una delle sue grandi passioni: il cinema thriller italiano degli anni '70. A quest'ultimo riguardo ricordo l'ottima antologia da lui curata intitolata Il Mio Vizio è una Stanza Chiusa (2009), edita anch'essa all'interno del Giallo Mondadori, e interamente dedicata a racconti di matrice cinematografica legati ai B-Movie da paura un tempo marchio di fabbrica della nostra penisola.

A differenza dei tradizionali prodotti dell'autore, infatti, si ravvisa una cura maggiore delle scenografie (vero e proprio personaggio aggiunto) e delle atmosfere, ma soprattutto cala il mix azione-erotismo a vantaggio di un intreccio dai forti contenuti esoterici miscelati allo spaghetti thriller cinematografico piuttosto che all'estro di scrittori specializzati nel genere (penso i vari Meyrink, Kubin, Machen e compagnia).
Di Marino, come abbiamo già accennato, prende le mosse da Polanski e lo fa fin dal primo capitolo. Ambienta la storia tra Venezia, Murano e Mestre (luoghi in cui aveva vissuto Aristide Torchia, autore del volume attorno al quale ruota il soggetto de La Nona Porta, testo di fantasia guarda caso intitolato il Cinque Porte) e parte subito citando il Delomelanicon ovvero un saggio sul demonio scritto a fine '600 che costò la messa al rogo del suo autore (sorte comune al già menzionato Torchia).
Al di là di quanto appena detto, tuttavia, occorre dare merito allo scrittore milanese di essersi limitato a concedere un mero omaggio all'opera polaskiana. La storia, pur avendo un'idea di fondo identica a quella del film, opta per uno sviluppo tutto suo. La matrice comune delle due opere risiede nella ricerca di una via per accedere alle dimensioni arcane o meglio per dischiudere il portale che mette in comunicazione il mondo dei vivi con quello del maligno, allo scopo di gestire il potere del diavolo per finalità materiali. Di Marino specifica bene il concetto parlando di Oculus Diaboli, cioè la porta sul potere supremo di Lucifero. A differenza del film, cambia il mezzo attraverso il quale giungere a tale obiettivo. Se con Polanski/Perez-Reverte la via era indicata dalle raffigurazioni inserite in un volume esoterico, qua tutto ruota attorno ai dipinti e alle sculture di un'artista maledetto vissuto nel cinquecento, ossessionato dall'alchimia e che ha celato nelle proprie opere (alcune delle quali disseminate per la città) un codice criptato il cui discernimento permetterà al fortunato di entrare in contatto col diavolo. Così scrive Di Marino: "C'era un messaggio nascosto, per iniziati, nel Palazzo dalle Cinque Porte... nell'opera di Betto Angiolieri tutto rimandava a una visione del mondo che celava dietro la normalità un messaggio destinato a pochi. C'erano mille simbologie, significati nascosti e un'angoscia che si leggeva in ogni tratto tracciato sulla tela."
Come nel film, le opere sono oggetto di studio e di culto di una serie di personaggi nobili e distinti, dai modi ambigui e privi di scrupoli, facenti parte di una setta satanica di alto borgo (I Figli del Basilisco). Su tutti spicca la figura di un dotto uomo di cultura (una sorta di Balkan del film di Polanski) chiamato Julian Zemanian. Si tratta di un collezionista di opere d'arte con l'ossessione per l'ignoto, grande esperto inoltre di architettura esoterica (Il Palazzo dalle Cinque Porte, ereditato dal protagonista, ha infatti una struttura e una collocazione di stanze e arredamenti di carattere esoterico) e di opere occulte. Di Marino ne sottolinea subito il carisma: “Zemanian dominava il suo spazio... Emanava la sua aura psichica, circondato da un pubblico che definire soggiogato dal suo eloquio non era un'esagerazione... Avrebbe potuto essere un antico senatore romano.”
Si ravvisa un'estrema cura nel tratteggiare i profili psicologici dei vari componenti della setta, di cui fanno parte anche personaggi al di sopra di ogni sospetto e di particolare estrazione sociale. Di Marino ce li mostra mentre discutono di argomenti legati all'occultismo, magari fingendo di litigare o di assumere posizioni intellettuali di comodo; addirittura li vedremo mentre prendono parte a una seduta spiritica in cui si registrerà un clamoroso imprevisto che sconvolgerà tutti i partecipanti.
Nonostante tutto tornerà a manifestarsi la matrice comune con l'opera di ispirazione originaria. Anche qua i componenti della setta si riveleranno dei fanatici cialtroni che tenteranno di manipolare il protagonista non sapendo, tuttavia, di essere a loro volta manovrati da una mano sconosciuta che nel frattempo mieterà vittime su vittime, sia per cancellare testimoni scomodi sia per togliere di mezzo potenziali concorrenti, sfruttando il lavoro dei rivali e del protagonista in modo da spingere ognuno di loro ad aprire l'Oculus Diaboli.

Molto particolare è il protagonista del racconto. Come Dean Corso è un improvvisato detective privato che si troverà vittima degli eventi, ma intenzionato ad andare fino in fondo. Anch'egli è un fanatico di libri antichi, sebbene la sua materia di elezione sia l'illusionismo. Sebastiano “Bas” Salieri, questo il nome del personaggio, è un mago e studioso di storia arcana. Di Marino, penso di poter dire, si ispira alla leggendaria figura di Harry Houdini, pur decidendo di non sfruttare le capacità da mentalista o da illusionista del suo personaggio. Queste ultime purtroppo, nel corso della storia, restano piuttosto sullo sfondo. Bello comunque il modo "houdiniano" con cui Salieri si presenta ai suoi interlocutori: “Da anni faccio parte di un'associazione che ricerca e smaschera i finti maghi, i cialtroni che predicano di poter guarire malattia e risolvere problemi reali con qualche amuleto... Io scrivo libri. Sulla storia della magia, sui suoi protagonisti, alchimisti, stregoni, medium, gente del passato e del presente. Non so dirle se quello che chiamiamo occulto abbia un riscontro nella realtà.”
Salieri si troverà coinvolto in una sequela di omicidi che hanno inizio con la misteriosa morte dello zio. È proprio a causa di questo evento che l'illusionista entra in scena, essendo chiamato dall'Olanda per prendere possesso dei ricchi possedimenti del parente defunto. Tra questi c'è Il Palazzo dalle Cinque Porte, una sorta di museo esoterico appartenuto nel cinquecento a un misterioso cavaliere rumeno antenato dei Salieri nonché esperto di arti magiche e su cui si incentrerà il fulcro della vicenda. Aiutato da un coriaceo vice questore sardo, convinto che il dante causa del protagonista sia stato assassinato, Salieri riuscirà a risolvere l'intricata matassa in un epilogo forse un po' troppo semplificato e caratterizzato da un paio di clamorosi colpi di scena (indirettamente, come idea di base, si chiama in causa anche Saw - L'Enigmista). Una soluzione finale, a mio avviso, un po' deludente, in cui si ridimensiona la componente fantastica e in cui si forzano alcune soluzioni. Peraltro non manca il tipico pregio/difetto dei film gialli italiani degli anni '70, con l'assassino che spiega tutti i fatti al protagonista chiarendo moventi e trucchi utlizzati nella realizzazione degli omicidi.
Se questa parte mi lascia un po' perplesso, non ho dubbi sul resto del romanzo (i primi due-terzi). La prima parte è davvero eccelsa, calata in una Venezia spettrale, nebbiosa, in cui fa la sua comparsa anche il fantasma di una giovane trucidata dieci anni prima rispetto allo svolgersi dei fatti e che avrà una rilevanza determinante nella soluzione del giallo. Presenti poi un paio di omaggi a Profondo Rosso (il più evidente è l'assassinio di una sensitiva, colpevole di avvertire una presenza maligna) e alcuni bei passaggi di impronta esoterica (c'è un omaggio anche alla Blavatsky), sebbene l'autore si mantenga su piani di carattere commerciale senza scomodare certi studi.

L'opera è stata ben accolta dai lettori, tanto che l'autore ha già riferito che scriverà altre storie incentrate sulla figura di Bas Salieri. Per quel che mi riguarda, penso che sarebbe più opportuno dare a queste storie un taglio più fantastico in modo da esaltare le qualità da illusionista del personaggio. Il punto debole, naturalmente ad avviso di chi scrive, de Il Palazzo dalle Cinque Porte è costituito dalla necessità, complice la destinazione finale del prodotto (il Giallo Mondadori), di dare una piega razionale agli eventi, con un epilogo non all'altezza delle eccelse premesse iniziali (in altre parole, una soluzione fantastica/orrorifica sarebbe stata preferibile e più originale). A ogni modo si tratta di una piacevolissima lettura, tra l'altro impreziosita da ottimi passaggi (su tutti la lunga scena della seduta spiritica e quella della festa all'interno del museo di Zemanian, davvero notevoli).

Chiudo la recensione con la bellissima frase con cui si apre il romanzo: “L'illusione è il sale dell'esistenza. Crediamo ciò che vogliamo credere e siamo disposti a torcere ogni logica per convincerci che la realtà è quella che desideriamo. La vita, se non fosse così, sarebbe tristissima.”

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