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mercoledì 30 aprile 2014

IL FACHIRO DI ATLANTIDE di Felice Pozzo


Autore: Felice Pozzo.
Sottotitolo: Percorsi dell'Immaginario, tra Avventure e Misteri.
Anno: 2013.
Genere: Saggio narrativo.
Editore: Il Foglio.
Collana: Archivi Diversi.
Pagine: 200
Prezzo: 14 euro.

Commento di Matteo Mancini.
"Il titolo di questo libro è una scommessa” avvisa Felice Pozzo, l'autore di questo saggio narrativo, un vero e proprio esperto di lunga data dell'intera bibliografia del nostro Emilio Salgari.
In realtà a essere una scommessa non è il titolo, ma l'intero volume. Una scommessa vinta sicuramente dal punto di vista qualitativo, ma probabilmente non dal punto di vista commerciale, ma su quest'ultimo punto la colpa non può certo attribuirsi all'autore bensì a un pubblico di lettori a volte un po' troppo oziosi e legati alle mode del momento.
È lo stesso Pozzo a spiegarci, in quarta di copertina, il fine e il contenuto di questa nuova e ulteriore perla firmata dalle edizioni Il Foglio Letterario di Piombino. “Si tratta di un percorso insolito, affrontato in modo sciolto ma argomentato e non privo di visuali inedite, dove prevale l'associazione di idee. Sono così riproposti famosi autore del passato – da Edgar Allan Poe a Jules Verne, da Alexandre Dumas a John Dickson Carr – accanto ad altri caduti a torto nel dimenticatoio, come a esempio Louis Jacolliot. Ritornano inoltre in scena, con risalto innovativo, personaggi mai dimenticati, sia reali, come Cagliostro, Houdini, Wandohobb, che d'immaginazione, come il Vampiro, il Fantasma dell'Opera e molti altri. Sono inoltre rievocati luoghi fantastici, altrettanto e forse ancora più noti, come Atlantide, Agarthi e la Terra Cava. Per non parlare delle sette segrete, del mesmerismo e del mentalismo da spettacolo, dei delitti nelle camere chiuse, di streghe e fate, robot, polipi giganti e mostri, di esplorazioni bizzarre e di investigatori dell'impossibile”.
Nessun altra parola potrebbe ben sintetizzare il contenuto del testo proposto dal veterano Felice Pozzo, vercellese classe 1945 con alle spalle una lunga trafila di pubblicazioni.
La lettura del saggio è spassosissima per un appassionato di narrativa fantastica e di misteri collegati al mondo orientale (in particolare le Indie). Pozzo procede, forse in un modo un po' dispersivo per chi è a digiuno di certe materie, utilizzando l'opera di Salgari come trait d'union che gli consente di passare da un argomento all'altro, avendo però come minimo comun denominatore il fascino del mistero e dei segreti rimasti tutt'oggi “insondati”. L'ideale viaggio nel mondo dell'ignoto non può che partire, vista la costruzione che ne sta alla base, dalle problematiche di Salgari e famiglia, che Pozzo va a ricostruire con cura maniacale (nel senso buono del termine) attingendo dalle più disparate fonti. Il lavoro dell'autore denota una padronanza e uno studio da vero e proprio professionista della materia. Tanto di cappello, davvero. Pozzo porta avanti la trattazione, con particolare attenzione per i mondi sotterranei, citando interi passaggi di racconti e romanzi dello scrittore piemontese (d'adozione). La sua è un'analisi obiettiva e non da fanatico dell'autore, infatti non perde occasione per sottolineare le fonti di ispirazioni di Salgari a volte autore di veri e propri furti da maestri del calibro di Verne e Jacolliot (dipinto come anticipatore e superiore rispetto al più famoso collega francese) e altri persino esoterici riconducibili alla Blavatskij. Da qui si passa a trattare la misteriosa figura di Franz Anton Mesmer, con la sua pratica del mesmerismo - ovvero una scienza non riconosciuta caratterizzata dall'impiego di un fluido capace di restituire la saluta agli ammalati, il senno ai folli e la follia agli assennati - e le sue influenze nella narrativa e nella politica dell'epoca (cenni addirittura all'inchiesta fatta condurre dal re Luigi XVI). Non mancano cenni all'ipnotismo da palcoscenico ovviamente subito recepito da fumetti e letteratura, con citazioni abbastanza approfondite su personaggi quali Mandrake e... E poi ancora spazio a Bulwer-Lytton, maestro oggi poco apprezzato imprescindibile in un'analisi seria dedicata al mondo del fantastico in modo particolare per il suo studio sul c.d. vril: l'enorme energia di cui non utilizziamo che una minima parte nella vita ordinaria, il nerbo della nostra possibile divinità.
Il passaggio dagli ipnotisti ai mentalisti/alchimisti viene effettuato giungendo al trasformista Cagliostro, sia quello reale sia quello narrato dal grande Dumas (Pozzo non lesina aneddoti), presentato come “esperto nella lettura di quella che oggi si chiama comunicazione non verbale che consente di leggere il pensiero altrui.” L'analisi anche qua è curatissima, Pozzo mostra come il personaggio Cagliostro sia stato fondamentale per la creazione di altri due personaggi immaginari carichi di fascino e che non necessitano presentazioni: La Primula Rossa di Emmuska Magdalena Orczy e Zorro ideato dal canadese Johnston McCulley. Altrettanto breve è il successivo passo verso lo spiritismo, con Pozzo che va a rinverdire figure sbiadite dal tempo come il mago Daniel Dunglas Hope, apprezzatissimo da Conan Doyle, e l'illusionismo dove non poteva non essere analizzato il grande Houdini, a cui faranno seguito nelle pagine successive i vari Pickman e Wandohobb.
Si torna al parallelo narrativo usando come scrittore l'incredibile Gaston Leroux, che l'autore presenta con un passaggio che mi ha fatto sorridere di gusto: “Quasi ogni scrittore coltiva un vezzo personale o si attiene a rituali a volte estrosi. Leroux, quando scriveva un romanzo si chiudeva nella sua stanza e pretendeva da tutta la famiglia un silenzio assoluto per periodi anche lunghi. Questo atteggiamento è piuttosto comune, lui però segnalava la fine del lavoro in modo che pochi si sentirebbero di consigliare agli amici: spalancava la finestra e scaricava un intero caricatore di pistola. A quel segnale, la moglie e i figli si precipitavano sulle stoviglie, i piatti volavano in pezzi, in un assordante fracasso di casseruole.” Mitico già da qui, segue un'analisi approfondita sui trucchi e sugli incantesimi diabolici raccontati ne Il Fantasma dell'opera nonché sul protagonista del romanzo, definito da Leroux “il più geniale dei prestigiatori, un Houdini feroce e burlone, un uomo che si rende visibile soltanto quando vuole e che vede tutto attorno a sé... Uomo a cui una scienza bizzarra, acume, immaginazione e abilità consentono di disporre di tutte le forze naturali, combinate per creare l'illusione che vi rende perduti”. Pozzo va oltre, sfruttando alcuni testi misconosciuti di Leroux (L'automa insanguinato e La macchina per uccidere), per trattare romanzi e racconti pionieristici nel portare in scena automi e robot nella letteratura ma anche nella realtà (esilarante il cenno sul Turco giocatore di scacchi, un truffatore che si spacciava per robot attorno al 1770 esibendosi persino al cospetto di Maria Teresa d'Austria). Viene così affrontato il tedesco Hoffmann, il primo, con L'uomo della sabbia, ad avviare il sottogenere e che Pozzo definisce“artista poliedrico, dal carattere spregiudicato e godereccio, con i suoi personaggi maniaci, inquietanti, oltremodo estrosi, e anche con le sue concessioni al paranormale, le sue trame a volte aggrovigliate e ondivaghe tra la realtà e il piano magico, volle delineare da un lato la frattura insanabile tra la prosaica condizione umana, rispetto alla grandezza dell'arte, e dall'altro sottolineare il divario esistente tra la quotidianità spesso meschina e le aspettative di ogni spirito inquieto che ami elevarsi verso traguardi a volte indefinibili.”
L'analisi di Leroux non può che terminare con il capolavoro giallo Il Mistero della Camera Gialla testo fondante del sotto filone c.d. delle camere chiuse ovvero omicidi perpetrati in camere ritrovate post mortem con finestre e porte chiuse dall'interno. Pozzo chiarisce subito il trucco: “uno dei modi per evitare i limiti di una stanza chiusa consiste nel non utilizzare le dimensioni dello spazio, bensì quella del tempo”, rinviando poi al romanzo “Le tre bare”. Ecco che si giunge al maestro del genere, lo specialista John Dickson Carr, il quale paragonò la propria attività di giallista a quella di un prestigiatore definendo “l'arte di un assassino uguale a quella di un mago, così abile da attirare l'attenzione del pubblico nella direzione sbagliata.” Pozzo va sulla stessa linea tanto da presentare Carr quale “mago della ragione umiliata che inserisce nel cuore del racconto l'ambiguità, ponendo il lettore al centro di un gioco di specchi in cui le immagini si mescolano a tal punto che non è possibile tenere conto dei fatti e ogni dettaglio è ambivalente.
In questo sotto filone si annovera anche il celebre I Delitti della Rue Morgue dell'insuperabile Edgar Allan Poe, a cui Pozzo dedica svariate pagine con un interessante studio sui racconti che utilizzano Poe come personaggio protagonista delle più bizzarre avventure. Il passaggio da Dupin a Sherlock Holmes è uno schiocco di dita, infatti Pozzo non tradisce le attese spiegando le evoluzioni dei due personaggi portando in mezzo ai due il meno conosciuto Locoq, ideato dal francese Emile Gaboriau. Spacconissimo Conan Doyle che fa dire al suo celebre investigatore: “Senza dubbio lei crede di farmi un complimento paragonandomi a Dupin, ma secondo la mia opinione Dupin era un mediocre. Quel suo trucco di intervenire nei pensieri del suo amico, dopo un quarto d'ora di silenzio, è pretenzioso e superficiale. Senza dubbio, Dupin aveva una certa capacità analitica, ma non era quel fenomeno che Poe sembrava considerarlo. Lecoq invece era un misero pasticcione che aveva una sola dote al suo attivo: l'energia. La lettura di monsieur Lecoq potrebbe servire come libro di testo agli investigatori perché imparino quel che devono evitare” passaggi, questi, che mi ricordano prologhi di certi spaghetti western. Pozzo potrebbe fermarsi qui, ma ecco che un altro francese arriva col proposito di superare i tre contendenti: è monsieur Leblanc che schiera in campo nientemeno che Arsenio Lupin.
Gli ultimi due capitoli sono dedicati alle piovre (Verne in cattedra) e ancora a Salgari, in quella che si presenta come una vera e propria chiusura circolare.
In sintesi un saggio indicatissimo per gli amanti di misteri che interagiscono, in reciproca relazione, tra realtà e fantasia. Stile scorrevole, testo fluido e ricco di riferimenti bibliografici e grande cultura di genere da parte dell'autore. Leggerete un Salgari e un'altra dozzina di autore come pochi professori potrebbero presentarvi.


Acquisto consigliatissimo. Gran volume, pur nella sua sinteticità.

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