Elenco

  • Cinema
  • Ippica
  • Narrativa
  • Pubblicazioni Personali

lunedì 18 febbraio 2013

Recensione Narrativa: TUTTO QUEL ROSSO di Cristiana Astori



Autore: Cristiana Astori.
Genere: Giallo.
Anno: 2012.
Editore: Mondadori.
Pagine: 250
Prezzo: 4,90 euro.

Commento di Matteo Mancini
Secondo episodio della mini saga che vede protagonista la studentessa universitaria Susanna Marino e la sua occasionale spalla Steve Salvatori (ambiguo cacciatore di pellicole rare e qua anche stuntman semi-professionista) già in prima linea in "Tutto quel Nero", romanzo che omaggiava la cinematografia del regista Jess Franco e dell'attrice spagnola Soledad Miranda.
Anche in questa occasione la Astori regala ai lettori un giallo un po' atipico, supper più convenzionale rispetto al primo capitolo (si perde quasi del tutto la componente fantastica/orrorifica). Atipico perchè è comunque un lavoro più vicino ai prodotti cinematografici italiani anni '70 piuttosto che a quelli narrativi. L'attenzione ricade sullo spaghetti thriller in generale e più in particolare su Dario Argento, con un assassino seriale che ricalca gli omicidi perpretati in "Profondo Rosso" e con una struttura di storia che ha il crisma del b-movie.

Ne viene fuori quello che potremmo definire un remake personalizzato e dichiarato del capolavoro argentiano caratterizzato da una costruzione e un intreccio ben calibrati. La storia prende le mosse piuttosto blandamente per accelerare con un vigoroso cambio di ritmo dalla metà in poi. Rispetto a "Tutto quel Nero" aumenta il numero degli assassinii, così come cresce la componente erotica e onirica. Molti i personaggi gettati nella mischia, ma tutti ben sfaccettati e caratterizzati. Abbiamo poliziotti in stile Rambo, altri corrotti, procuratori arroganti, stuntman pazzi, proiezionisti che vivono di ricordi, professori di cinema di genere, ricercatori di pellicole leggendarie, maghi new age con pretese da guida spirituale e via dicendo per quello che è un vero e proprio spaghetti thriller made in Italy su carta stampata.

Degli spaghetti thriller la Astori riprende pregi ma anche difetti. Il punto debole del romanzo ricade sull'epilogo con un assassino poco credibile (non tanto per il movente, ma per il suo ruolo nella storia) e dei dialoghi finali che paiono scritti da Dario Argento in persona (il che, questa volta, non è un complimento). Non manca poi la stucchevole (ma classico per il genere) confessione fatta dall'assassino al protagonista prima che quest'ultimo venga aggredito dall'assassino stesso che tenterà vanamente di eliminarlo.

In compenso però non si contano le sequenze al cardiopalma degne dei prodotti cinematografici di primo livello nell'ambito dei b-movie. Su tutte sono da ricordare la sequenza al cimitero in mezzo alle statue, il lungo inseguimento automobilistico narrato con gusto per il poliziottesco, l'omicidio del venditore di oggetti usati e soprattutto tutta la parte relativa al fatiscente Cinema Z eretto nel cuore esoterico di Torino (ottimo al riguardo la descrizione della città fatta dalla scrittrice). Simpatico, a caso risolto, il capitolo conclusivo in cui la Marino si prende una piccola rivincita nei confronti di alcune compagne di collegio un po' acidelle.

In aggiunta a quanto sopra si conferma il marchio di fabbrica della "saga" avviata con "Tutto quel Nero" in virtù di una piacevole e lunga sequela di omaggi diretti (personaggi che hanno nomi di compositori o di attori o chiamati come i protagonisti di thriller italiani di seconda fascia, ma anche titoli di film celati nel testo come parte integrante della narrazione) e indiretti al cinema di genere con strizzatine d'occhio a Quentin Tarantino ("A Prova di Morte" ricordato dalla presenza di stunman che guidano auto a prova di morte e "Bastardi senza Gloria" con un cinema che va in fuoco a causa delle pellicole altamente infiammabili), al genere poliziottesco e agli argentiani "Phenomena" (il romanzo ha inizio in un collegio e la protagonista vaga in preda al sonnambulismo) e a "Il Gatto a Nove Code" (ricordato dalla sequenza al cimitero) il tutto incastonato in un plot che è un intelligente e personalizzato remake di "Profondo Rosso" (dal quale si riprende anche la location interna ed esterna della famosa villa ancora oggi meta di pellegrinaggio dei fan del maestro del brivido).
Imperdibile per gli amanti dello spaghetti thriller anni '70, con alcune chicche sulle versioni alternative di Profondo Rosso con alcune parti inedite di girato tagliate e sulla sceneggiatura originale intitolata La Tigre dai Denti a Sciabola. Divertimento assicurato, peccato per il finale.
Confido in un terzo episodio dedicato a Lucio Fulci.

Nessun commento:

Posta un commento